Fa troppo caldo per lavorare, si accascia davanti ai colleghi e muore: le 13 Regioni che vietano le attività
Il clima è cambiato rispetto al passato e anche il lavoro deve cambiare, ma il governo Meloni non ha adottato nessuna strategia”, denuncia Avs. Le amministrazioni locali intanto si muovono per varare lo stop nei settori più critici
Pochi giorni fa il decesso di un operaio stroncato da un malore mentre lavorava nelle campagne di Andria (Barletta). Ieri, 30 giugno, un altro lavoratore si è accasciato ed è morto per un infarto mentre stava eseguendo dei lavori edili intorno a mezzogiorno, a Bologna. Quanto il caldo estremo di questi giorni abbia effettivamente pesato sull’arresto cardiaco non può essere misurato, ma è evidente che l’emergenza climatica abbia aggravato le condizioni di chi lavora ogni giorno all’esterno.
I sindacati premono sulle aziende affinché con le temperature estreme venga data priorità alla salute dei lavoratori e, in ordine sparso, le amministrazioni locali si sono mosse per imporre uno stop alle attività lavorative nelle ore più calde della giornata.
Lo stop al lavoro, per chi scatta e quando
Sono ormai 13 le Regioni ad aver adottato ordinanze specifiche per fermare il lavoro nei settori più critici quando le temperature sono roventi: Liguria, Toscana, Lazio, Umbria, Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia e Sardegna, cui si sono aggiunte nelle ultime ore la Lombardia e l’Emilia Romagna.
-Incidente sul lavoro, operaio entra in una cisterna e perde i sensi: «Morte cerebrale per le esalazioni»
Tezze sul Brenta, incidente nella sede della Salgaim ecologic: l’uomo era entrato per liberare la cisterna per togliere un pezzo di lamiera. Coinvolto anche un secondo lavoratore
È di un operaio in condizioni disperate ed un secondo miracolato il bilancio di un gravissimo incidente sul lavoro accaduto nel pomeriggio di oggi a Tezze sul Brenta, all’interno della sede vicentina della ditta Salgaim ecologic, azienda di trasformazione degli scarti animali, con sede amministrativa nel veneziano. Attorno alle 15, un operaio di 48 anni di nazionalità marocchina è entrato all’interno di una cisterna in muratura per liberare un pezzo di lamiera rimasto incastrato nella coclea dell’impianto (dispositivo utilizzato per miscelare i materiali) perdendo immediatamente i sensi. All’interno della cisterna erano presenti valori elevati di monossido ed anidride solforosa, sprigionati dalla lavorazione dei resti animali. Non vedendo uscire il compagno, un secondo operaio, un uomo di nazionalità italiana, si è avvicinato all’impianto. Il forte odore di zolfo l’ha allertato convincendolo ad uscire immediatamente e a lanciare l’allarme.