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Amianto : Discariche

Eternit, “Nessuna anomalia nello stoccaggio”(Chianni Pi)

Il sindaco Tarrini respinge le accuse su episodi di rottura negli imballaggi alla Grillaia: “Fatte tutte le verifiche del caso, denunce infondate”

CHIANNI — Nessuna rottura e, soprattutto, nessuna presenza di fibre di amianto nell’aria. Lo ha assicurato il sindaco Giacomo Tarrini, che dopo la denuncia fatta dal coordinamento No Valdera Avvelenata su una possibile fuoriuscita di materiale dai sacchi smaltiti nella discarica della Grillaia, ha garantito come niente di simile sia mai accaduto.

Lo stesso Tarrini, infatti, dopo aver ricevuto un video e una foto relativi alla possibile rottura degli involucri di eternit stoccati, si è recato all’impianto. “Già dall’immagine non erano riscontrabili rotture, ma ho voluto verificare – ha spiegato – ho mostrato le immagini al personale responsabile del sito, affinché venisse fatta un’analisi, chiedendo anche di redigere una relazione”.

“Le procedure operative durante lo stoccaggio del materiale in discarica sono molto scrupolose e prevedono interventi immediati qualora si verificasse un imprevisto simile – ha aggiunto – inoltre, periodicamente vengono effettuati rilievi sulla presenza di fibre di amianto nell’aria e mai ne sono state rilevate. Per quanto riguarda il caso specifico, invece, ci è arrivato il riscontro della proprietà, che conferma la totale assenza di anomalie sui processi di stoccaggio“.

“L’amministrazione comunale e il sottoscritto si sono sempre adoperati per l’interesse della comunità – ha concluso il sindaco – ci siamo resi conto, però, che talvolta si è preferito non ascoltare spiegazioni e chiarimenti. Questa è un’opportunità per invitare chiunque abbia dei dubbi a trattare i problemi attraverso i canali istituzionali, dove saranno trovate tutte le risposte. Alla richiesta fatta da No Valdera Avvelenata, rispondo che considero ancora una volta infondate e inopportune le loro dichiarazioni“.

Un ulteriore specifica è arrivata, poi, dall’ingegner Massimo Peluso, responsabile tecnico del sito. “Gli imballi contenenti amianto devono essere coperti nelle loro parti superiori, mentre non è prevista la copertura sui fianchi della coltivazione ed è pertanto logico che questi siano visibili dall’esterno – ha spiegato – i manufatti contenenti amianto possono essere conferiti in Plate Bag o in Big Bag, entrambi in polipropilene omologati e dotati di liner interno per garantire la tenuta stagna. Al momento dell’ingresso in impianto, viene verificata l’integrità dell’imballaggio tramite un riconfezionamento del carico stesso”.

“Dunque, ciò che si può vedere esternamente è proprio questo doppio rivestimento, senza che ciò sottintenda la rottura dell’imballaggio nel suo complesso o la possibile liberazione di fibre di amianto – ha concluso – è certa l’assenza di presenza o contaminazione di fibre di amianto nell’aria. Dall’avvio dei conferimenti a oggi i rilievi e i monitoraggi svolti hanno dato esito negativo rispetto alla presenza o contaminazioni di fibre di amianto nell’aria”.

No Valdera Avvelenata attacca, “Alla Grillaia rischio vento”

Come riportato dal coordinamento contrario alla riapertura della discarica alcuni imballaggi sarebbero rotti: “Vorremmo sapere cosa ne pensa Tarrini”

CHIANNI — Alcuni imballaggi e teli della discarica della Grillaia sarebbero rotti, con il rischio che il vento possa spargere la polvere di amianto. Questa, almeno, è la denuncia del coordinamento No Valdera Avvelenata, che chiama in causa il sindaco Giacomo Tarrini.

“Ci piacerebbe sapere cosa ha da dire il sindaco, che fece venire ingegneri e studiosi per rassicurare la propria comunità – hanno scritto – seppellire 270mila metri cubi di amianto sembrava una cosa che poteva essere fatta e che, anzi, sarebbe servita a mettere definitivamente la discarica in sicurezza. Addirittura, per fare digerire meglio la cosa, disse che avrebbe nominato una persona di sua fiducia per controllare che i conferimenti dell’amianto fossero sempre ben confezionati e sotterrati”.

“Un’opportunità da non perdere, che avrebbe portato nelle casse comunali una compensazione in denaro gentilmente donata dal proprietario attuale della discarica – hanno concluso – noi, al contrario, abbiamo sempre ritenuto profondamente ingiusta la delibera della Regione che autorizzava la riapertura della Grillaia: per questo motivo, con le manifestazioni di Marzo 2023 e di Ottobre 2024 a Pontedera ne abbiamo chiesto il ritiro, con il blocco del conferimento dell’amianto”.

Amianto:Sentenze

Amianto nei nastri della fabbrica, risarcita la famiglia di un operaio spezzino

Il tribunale di Genova ha condannato Ansaldo Energia Spa al risarcimento da 620mila euro in favore della vedova e della figlia dell’elettricista scomparsoGian Paolo Battini

Operaio foggiano morto per l’amianto: Rfi condannata a risarcire 1,3 milioni di euro ai familiari

Amianto nelle Ferrovie dello Stato: il Tribunale di Roma condanna RFI al risarcimento di 850mila euro per la morte di un operaio foggiano. Alla famiglia andrà una liquidazione complessiva di 1 milione e 300mila euro

n esito giudiziario “apripista” di grande rilevanza, quello di un uomo esposto all’amianto mentre era alle dipendenze di Rfi presso le Officine Grandi Riparazioni di Foggia, deceduto per un mesotelioma epitelioide. Il Tribunale di Roma ha emesso una ulteriore condanna che determina una liquidazione del danno da lutto di circa 850mila euro, oltre interessi, per le sofferenze subite dalla vedova e, che nel frattempo è deceduta, e dai due figli orfani dell’operaio.

Una somma che si aggiunge alla quella determinata nella precedente sentenza della Corte di Appello di Roma di circa 200mila euro per il risarcimento del danno diretto del ferroviere che, con il calcolo della rivalutazione e degli interessi legali, raggiunge un importo complessivo di un milione e trecentomila euro.

Nel caso specifico, il dipendente ha prestato servizio in Rfi dal 1969 al 1971 con mansioni di operaio qualificato “aggiustatore meccanico”. Si è occupato della manutenzione dei rotabili ferroviari, motori, tubazioni, cavi elettrici  respirando direttamente e indirettamente le sottilissime fibre killer. I locali erano privi di aerazione, le lavorazioni venivano eseguite senza l’adozione di alcuna misura di sicurezza, pur essendo disponibili, sin dagli anni ’40, mascherine, tute protettive e aspiratori.

Quel che è peggio, è che venivano utilizzati dei soffiatori per togliere la polvere, che tuttavia finivano inevitabilmente per disperderla nell’aria. Nel 2006, l’operaio aveva avuto un primo versamento pleurico, e il 28 marzo 2009 è purtroppo, deceduto all’età di 68 anni, lasciando la moglie e i due figli. L’Inail aveva fin da subito accertato l’origine professionale della malattia e costituito in favore della vedova la rendita ai superstiti. 

La famiglia dell’uomo, assistita dagli avvocati Ezio Bonanni, presidente Osservatorio Nazionale Amianto, e Daniela Lucia Cataldo, aveva quindi presentato ricorso al Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non patrimoniali. Ma nonostante l’Ona avesse già ottenuto altre condanna delle Ferrovie (qui un altro caso analogo nel Foggiano), nel caso di specie l’azienda aveva contestato la pretesa, spiegando che: “solo a partire dalla metà degli anni ’70 vi è stata la presa di coscienza circa la pericolosità della esposizione a fibre in amianto”.

In primo grado, la giudice del Tribunale di Roma Antonella Casoli, basandosi su un’ampia letteratura medico scientifica, la magistratura aveva tuttavia respinto le eccezioni di Fs. Il Ctu nominato dal Tribunale aveva quantificato il danno biologico subito per oltre 200mila euro a beneficio dei familiari dell’operaio, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi legali. Oggi, la condanna anche in secondo grado della Corte d’Appello di Roma.

“Purtroppo la storia della Officine Grande Riparazioni della Ferrovie è caratterizzata dalla strage di lavoratori per mesotelioma e altre malattie di amianto, che in qualche caso hanno colpito anche i familiari”, spiega dall’Ona. Il VII Rapporto ReNaM, infatti, ha inserito il settore dei rotabili ferroviari tra quelli che hanno riscontrato più casi di mesotelioma.  “Dopo l’ennesima e duplice pronuncia di condanna si spera che le FS, invece interporre appelli e cercare di ritardare i risarcimenti, desistano dal negare il diritto di tanti che hanno perso la vita per l’uso dell’amianto. Purtroppo – avvisa  Bonanni – il picco epidemiologico ci sarà nei prossimi anni”.

Amianto, militare morto di cancro. Il Ministero dovrà risarcire i familiari

Il Tar ha dato ragione agli eredi di un carabiniere che aveva lavorato all’aeroporto di Cervia e all’Ocra di Forlì

Era morto a 49 anni, esattamente 685 giorni dopo avere ricevuto una diagnosi di carcinoma polmonare. Una malattia professionale – secondo il Tar – maturata in uno degli anni della trentennale carriera in cui l’uomo – un carabiniere deceduto nel luglio del 1981 – aveva prestato servizio in ambienti potenzialmente contaminati da polveri di fibre di amianto: vedi Stazione carabinieri aeroporto di Cervia, posto fisso 2° Ocra di Forlì (si trattava di officine meccaniche). E poi ancora porto di Civitavecchia e aeroporto di Ciampino. Uguale a condanna del ministero della Difesa a risarcire gli eredi (la vedova e i figli) con circa 247 mila euro, detratto quanto eventualmente già riconosciuto come indennizzo. Il ministero dovrà pagare inoltre 5.363 euro di spese processuali.

La questione era stata sollevata nel 2021 dagli eredi del defunto tutelati dall’avvocato Ezio Bonanni. Nel ricorso presentato al Tar del Lazio, si chiedevano i danni patrimoniali e non per un totale di poco più di 2,4 milioni di euro in ragione della morte del militare per “causa di servizio” legata a “negligenza e imperizia” del ministero della Difesa/Arma dei Carabinieri. All’indice in particolare c’erano finite le fibre di amianto alle quali il 49enne, secondo il ricorso, era stato esposto durante il suo servizio. Nel dettaglio tra il giugno 1955 e il marzo 1957 al porto di Civitavecchia; tra il luglio 1969 al settembre 1970 aeroporto di Cervia e Ocra di Forlì; e quindi fino all’ottobre 1975 all’aeroporto di Ciampino. Perché è in special modo in porti e aeroporti che vi era una “elevata aerodispersione” di “polveri e fibre d’amianto“, materiale che veniva usato “nei ceppi freni”. E poi il militare era costretto “a lavorare in ambienti angusti” con “amianto spruzzato sulle pareti per evitare rischio incendi”. Ad aggravare il quadro, il fatto che non vi fossero “strumenti di prevenzione tecnica e protezione individuale” come “maschere respiratorie con grado di protezione P3”. Oltre a tali strumenti, il ministero avrebbe omesso di fornire le informazioni circa il rischio da amianto e la conseguente sorveglianza sanitaria: un comportamento che avrebbe quanto meno anticipato l’insorgenza del tumore e il decesso del 49enne. Le prime misure di sicurezza in favore dei militari sarebbero infatti state adottate solo nel 2000 sebbene la pericolosità dell’amianto fosse nota dagli inizi del ’900.

Amianto : Sentenze

Esposto all’amianto per 18 anni nel Poligrafico di Foggia: risarcito per malattia professionale

Amianto nell’Istituto Poligrafico di Foggia: Inail ed Inps condannate a risarcire per malattia professionale e ad adeguare posizione contributiva di un lavoratore esposto. L’uomo, affetto da placche pleuriche, è stato esposto per 18 anni ad alte concentrazioni di fibre e polveri di amianto

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna dell’Inail all’indennizzo del danno di 15mila euro per malattia professionale – placche pleuriche – dovuta all’esposizione all’amianto di un lavoratore, oggi 63enne, impiegato nello stabilimento del Poligrafico dello Stato di Foggia, per 18 anni, condannando l’Inps ad adeguare la sua posizione lavorativa con l’accredito della maggiorazione dell’1,5%.

L’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, nel periodo dell’attività professionale del ricorrente, ossia dal 1982 al 2002, era un ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministero del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, poi privatizzato. Assunto come ‘perito chimico cartaio’, l’uomo ha cominciato a lavorare a 20 anni. In quel periodo la cartiera di Foggia aveva circa 1400 dipendenti e produceva carta per usi dello Stato.

Nella nota dei legali dell’osservatorio nazionale amianto viene evidenziato che la materia prima era costituita da cellulosa di paglia (proveniente da residui del grano del Tavoliere) che veniva trattata, sminuzzata, riscaldata, additivata con sostanze chimiche, e una delle materie prime indispensabili al suo trattamento e anche dello sbiancamento della carta era il cloro, che veniva prodotto in loco con il metodo delle celle elettrolitiche e con utilizzo di un separatore a base di amianto. Il diaframma di amianto che separava le celle elettrolitiche era costituito da contenitori cilindrici riempiti di pasta di amianto. L’operazione di apertura sacchi, mescola, riempimento cilindri si svolgeva all’interno dello stesso ambiente delle celle, rendendo gli ambienti fortemente polverosi poichè privi di sistemi di aspirazione delle polveri.

Amianto : Sentenze

Morto per l’esposizione all’amianto nella Solvay: condannata al risarcimento anche l’Asl

Condanna dell’Asl Toscana nord ovest «per aver omesso la sorveglianza sanitaria che avrebbe permesso la diagnosi precoce del tumore del polmone»

Pisa, 4 dicembre 2024 – Il tribunale di Pisa ha condannato la Asl Toscana nord ovest, ex Usl 6, a un risarcimento di circa 26mila euro per la morte di Romano Posarelli, morto nel novembre 2010 a causa dell’amianto a cui è stato esposto durante la sua attività lavorativa nello stabilimento Solvay di Rosignano (Livorno). A renderlo noto è l’Osservatorio nazionale amianto. L’uomo al manifestare dei sintomi nell’estate del 2010 si era rivolto al medico, che aveva cercato di curare il cancro con antibiotici. Solo dopo vari accertamenti in strutture private a pagamento, era emersa la diagnosi di tumore del polmone.

Si ammala per un cancro da amianto ma viene curato con antibiotici: la Asl condannata per diagnosi tardiva

Nel 2021 la condanna per la Solvay da parte del tribunale di Livorno al risarcimento del danno, confermata anche dalla Corte di appello di Firenze. Il figlio Massimiliano si è però rivolto all’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, ottenendo adesso anche la condanna dell’Asl Toscana nord ovest al risarcimento del danno «per aver omesso la sorveglianza sanitaria che avrebbe permesso la diagnosi precoce del tumore del polmone». «Una condanna – spiegano da Ona – che sancisce il principio che vi deve essere la doverosa attenzione delle Usl per i lavoratori esposti ad amianto, con la massima diligenza su esami e terapie. Il tribunale di Pisa nella sua motivazione infatti rileva che: ‘deve però essere valutato il ritardo diagnostico, anche strumentale, da parte del medico di base che non poteva non essere a conoscenza del precedente impiego lavorativo del Posarelli alla Solvay e della sua situazione di ex espostò. Nella stessa sentenza – prosegue la nota – si legge la ‘parte attrice ha fornito la prova delle inadeguate prescrizioni dei farmaci e del ritardo nell’esecuzione degli esami strumentali, quindi del nesso di causalità tra la condotta del medico di base e il peggioramento delle condizioni di Posarelli per inadeguato trattamento della malattia…. deve quindi affermarsi la responsabilità (contrattuale) della struttura sanitaria’».

Amianto : Sentenze

Operaio raffineria Napoli morto per amianto, alla famiglia maxi-risarcimento da 1,5 milioni

L’operaio aveva lavorato per 22 anni nella raffineria napoletana ed era deceduto nel 2016. Bonanni (Ona): “Ora bonificare il Sin di Napoli Est”. La replica di Q8: “Sentenza impugnata. Fatti risalgono alla precedente proprietà”

Maxi-risarcimento da 1,5 milioni di euro ai familiari di un ex operaio della raffineria Mobil Oil Italiana di Napoli, morto per un mesotelioma pleurico dopo l’esposizione all’amianto. Il Tribunale di Roma ha condannato la Kuwait Raffinazione e Chimica spa di Napoli per la morte del lavoratore 70enne deceduto nel 2016, dopo aver contratto la malattia. L’azienda è stata condannata a risarcire la famiglia dell’operaio con la somma di 444.787 euro e, per i danni sofferti singolarmente, un importo di circa 300mila euro ciascuno alla vedova e ai 3 figli, per una cifra complessiva che va oltre un milione e mezzo di euro. Si tratta, è bene precisare, di una sentenza non definitiva. Q8 ha annunciato di aver impugnato la decisione del giudice.

L’uomo aveva lavorato per 22 anni – dal 1972 al 1994 – alle dipendenze della Mobil Oil Italiana, presso la raffineria di Napoli. Era stato impegnato inizialmente come pompista e poi come conduttore caldaie e impianti di produzione della centrale termoelettrica. Nel corso del processo sono state depositate una Ctu tecnica e la perizia del medico legale che avrebbero documentato l’esposizione dell’operaio all’amianto.

Fibronit, morti di amianto senza giustizia. “Ma chi vive a Broni è una bomba a orologeria”

Pavia, dopo le assoluzioni del 2022 la Procura si arrende e chiede l’archiviazione del processo per lesioni e omicidio colposi

Pavia – Caso Fibronit, ultimo atto. Cala definitivamente il sipario sul procedimento penale avviato nel novembre 2009 nei confronti di dieci indagati complessivi per i reati, in concorso e continuati, di omicidio colposo e lesioni colpose, ai danni di un lunghissimo elenco che ha raggiunto il numero di 470 persone offese, tra morti e malati per amianto a Broni. Il sostituto procuratore Andrea Zanoncelli e il procuratore Fabio Napoleone hanno firmato l’ultimo atto, la richiesta di archiviazione, depositata ieri. Un atto nel quale la Procura riepiloga tutte le fasi del lungo procedimento, che a sua volta traeva origine da una ancor precedente attività d’indagine del 2004, approdata nel giugno 2011 alla richiesta di rinvio a giudizio per tutti i dieci indagati: Michele Cardinale, Lorenzo Mo, Dino Augusto Stringa, Teodoro Manara, Claudio Dal Pozzo, Giovanni Boccini, Guglielma Capello, Maurizio Modena, Domenico Salvino e Alvaro Galvani.

Nuova edizione dell’Asbestos International Forum, che si terrà a Roma dal 10 al 12 dicembre 2024. Dopo il clamoroso successo dell’edizione 2023, che ha riunito oltre 500 esperti e rappresentanti politici da tutto il mondo e raccolto più di 100.000 visualizzazioni uniche delle dirette streaming, il Forum si conferma come il più grande evento internazionale dedicato alla gestione del rischio amianto per la tutela della salute pubblica.

Amianto : Sentenze

Operaio morto per esposizione all’amianto, Fincantieri condannata a pagare un milione e 150mila euro

Il tribunale civile di Venezia in primo grado aveva liquidato il risarcimento in appena 85 mila euro ma la Corte D’appello ha stabilito che va risarcita anche la sofferenza patita dai familairi dell’operaio a causa della perdita del rapporto familiare.

Un milione e 150mila euro, è questa la somma che Fincantieri dovrà risarcire ai familiari di un ex operaio dei cantieri navali veneziani morto nel 2015 per un tumore ai polmoni che il tribunale ha stabilito essere stato causato da una esposizione prolungata all’amianto. Una decisione storica quella della Corte d’appello di Venezia che, accogliendo il ricorso presentato dall’avvocato dei parenti del 65enne, è andata decisamente oltre la sentenza di primo grado.

Il tribunale civile, infatti, in primo grado aveva liquidato il risarcimento in appena 85 mila euro. La Corte D’appello invece ha valutato il danno non patrimoniale conseguente alla perdita del rapporto parentale in 222mila euro per la vedova e 183mila euro a ciascuno dei tre figli dell’uomo, nonché il danno per il mancato guadagno quantificato in oltre duecento mila euro. Il tutto è aumentato ulteriormente grazie alla rivalutazione e agli interessi, oltre a 18mila euro di spese

Nel corso della causa è stato accertato il nesso causale tra la malattia e la prolungata esposizione a fibre di amianto sul lavoro. L’operaio aveva lavorato nei cantieri navali per decenni con mansione di carpentiere e saldatore entrando spesso in contatto con polveri di amianto, in particolare nel corso delle operazioni di coibentazione dei tubi. Solo dopo aver lasciato il lavoro iniziò ad accusare i primi sintomi nel 2012 e nel 2014 gli fu diagnosticato una neoplasia polmonare, un tumore ai polmoni che lo ha portato al decesso nel 2015, all’età di 65 anni.

L’azienda ha cercato di dimostrare l’insussistenza di una responsabilità da parte sua ma anche l’azione contemporanea del tabagismo nel caso dell’uomo ma la sentenza ha stabilito una piena responsabilità e di conseguenza il risarcimento. La sentenza è comunque impugnabile in Cassazione da parte di Fincantieri.

Amianto a Casal Palocco, Inps condannata a risarcire una donna esposta alla fibra killer

Inps è stata condannata a riconoscere i benefici amianto a una impiegata di 64 anni. La donna è affetta da fibrosi polmonare e ispessimenti pleurici

Il Tribunale di Roma ha condannato l’Inps a riconoscere il prepensionamento e a rivalutare la posizione contributiva di una donna di 64 anni esposta all’amianto durante la sua attività professionale come impiegata presso l’ufficio amministrativo, nel container con materiali di amianto, del Consorzio di Casal Palocco, che si occupa di varie attività di manutenzione della zona residenziale nel quadrante ovest del comune di Roma.

La donna, ignara e inconsapevole della condizione di rischio, per 36 anni è “stata esposta alla fibra killer”, e ha subito un danno biologico causato da “una fibrosi polmonare diffusa e ispessimenti pleurici” riconosciuto anche dall’Inail con precedente causa, si legge in una nota del’Osservatorio Nazionale Amianto che ha diffuso la notizia.

Nel piazzale in utilizzo al Consorzio sono state stipate lastre in cemento e cartoni amianto, e in alcuni casi, il materiale è stato “stipato con esposizione alle intemperie, al vento, con riduzione allo stato polveroso ed aerodispersione e inalazione in danno dei lavoratori”, si legge ancora.

La lavoratrice, dopo il riconoscimento della malattia professionale, ha chiesto all’Inps la ricostituzione della posizione contributiva che era stata rigettata. Grazie al ricorso dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’osservatorio, ora ha finalmente ottenuto giustizia: “Questa decisione del Tribunale dimostra che ci sono state funzioni amministrative svolte in luoghi altamente contaminati, e rappresenta una svolta per gli impiegati esposti perché introduce una tutela che è sempre stata riconosciuta solo a chi manipolava il cancerogeno”.

Amianto : Sentenze

Assolto il CDA di Industrie Chimiche Italia Centrale nel processo amianto

Assoluzione per il Consiglio di Amministrazione di Industrie Chimiche Italia Centrale S.p.A. nel processo presso il Tribunale penale di Ancona, relativo alle presunte ipotesi di omicidio colposo per carcinoma polmonare pleurico

Gli avvocati Antonio Bana ed Elena Martelli dello Studio legale Bana Avvocati Associati hanno assistito il direttore generale della società, ottenendo il proscioglimento con la formula più ampia, «perché il fatto non sussiste». La sentenza segna un punto fermo in una materia complessa e ormai consolidata come quella dell’esposizione alle fibre di amianto aerodisperse, con un focus particolare sul delicato tema del nesso di causalità.

La difesa ha dimostrato con successo l’insussistenza di una responsabilità basata esclusivamente sulla posizione dirigenziale, evitando così un automatismo che avrebbe potuto condurre a una condanna senza un’adeguata valutazione della reale partecipazione dell’imputato ai processi decisionali del Consiglio di Amministrazione. Questo approccio ha permesso di escludere responsabilità penali ascrivibili ai singoli dirigenti in assenza di un accertamento concreto sulla loro influenza nelle specifiche scelte operative della società.

Esposizione all’amianto, il tabagismo riduce il risarcimento per la malattia professionale

La Cassazione, ordinanza n. 27572 depositata oggi, ha chiarito i termini per la quantificazione del danno nel caso di una patologia ad eziologia multifattoriale

Il tabagismo del lavoratore impiegato presso uno stabilimento siderurgico, dove è stato esposto all’amianto per anni e senza le dovute protezioni, non interrompe il nesso causale rispetto all’insorgenza del tumore ma va comunque considerato ai fini della quantificazione del risarcimento del danno da parte del datore di lavoro. È questo l’esito della ordinanza n. 27572 della Cassazione, depositata oggi, che, per un verso, ha respinto il ricorso dell’azienda teso a dimostrare l’assenza del nesso di causa tra la patologia tumorale e l’attività lavorativa; per l’altro, ha invece affermato che del tabagismo si deve tener conto nel fissare il risarcimento.

Amianto : Sentenze

Esposto per decenni ad amianto, Inail riconosce malattia professionale ad autotrasportatore 61enne

Il dipendente di una ditta di trasporti di Gubbio ha ricevuto il certificato di esposizione per l’intero periodo di lavoro fino al 31 marzo 2024

L’Inail di Perugia ha riconosciuto la malattia professionale di mesotelioma pleurico ad un 61enne autotrasportatore e dipendente di una ditta di trasporti di Gubbioesposto per anni ad amianto, polveri e fibre veicolate nell’abitacolo e provenienti da vano motore e sistema frenante.

L’istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, inizialmente, aveva negato l’eziologia professionale (le cause della malattia, per l’Ente, non erano riconducibili al lavoro). In seguito il lavoratore, assistito dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente Osservatorio Nazionale Amianto – che ha prodotto una copiosa documentazione tecnica e giuridica a dimostrazione della esposizione ad amianto degli autotrasportatori e conducenti di mezzi pesanti, almeno per quei camion prodotti entro il 20 aprile 1993 – ha ricevuto anche il certificato di esposizione per l’intero periodo di lavoro fino al 31 marzo 2024.

Il lavoratore umbro otterrà dunque da Inail Perugia la costituzione della rendita diretta e dall’Inps l’adeguamento dei contributi per un periodo di 40 anni, che si sommeranno a quelli già maturati, con anticipazione del trattamento pensionistico e maggiorazione della pensione.

Una decisione molto importante perché il mesotelioma pleurico è una delle più gravi malattie causate dall’amianto e conferma come gli autotrasportatori, anche quelli artigiani titolari del mezzo, spesso camion, siano stati esposti al minerale killer e molti siano decedutiNel trasporto risultano essere stati censiti 852 casi di mesotelioma dal VII ReNaM, tra questi 131 camionisti e 59 autotrasportatori.

No Valdera Avvelenata, il corteo in centro

Bandiere, striscioni e musica per invocare pace e tutela dell’ambiente, soprattutto in Valdera: “No alle discariche e alla base militare”

PONTEDERA — Oltre 70 tra comitati e associazioni, arrivati da tutta la Toscana, hanno sfilato tra piazza Cavour e la stazione, passando per Corso Matteotti e piazza del Duomo, per protestare contro il progetto della base diffusa tra Coltano e Pontedera e l’ampliamento delle discariche sul territorio della Valdera.

“Vogliamo una Toscana senza nocività e disastri ambientali – hanno spiegato dal coordinamento No Valdera Avvelenata, che raggruppa tutte le adesioni – e una Valdera non ridotta a pattumiera in nome del profitto e di un modello produttivo ed economico lineare al tracollo”.

Vogliamo costruire collettivamente, come comunità- hanno concluso –  economie veramente circolari con la natura e solidaristiche”.

Amianto : Sentenze

Ucciso dall’amianto: la morte di Dioniso Merli risarcita dall’Inail

Si tratta di 150mila euro che andranno alla famiglia e anche al fondo per le vittime dell’amianto: il lavoratore delle ferrovie morì a 64 anni a San Benedetto dopo essere stato esposto per una vita alla sostanza killer

Nel 2020 i familiari, assistiti dall’avvocato del Foro di Roma, Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, hanno presentato ricorso innanzi il Giudice del Lavoro del Tribunale di Teramo. Dall’istruttoria del processo è emerso che tutte le locomotive delle Ferrovie dello Stato, nel periodo di lavoro di Merli, avevano l’involucro esterno e parte delle zone interne spruzzate con amianto che serviva a proteggere dal rischio incendio, e che tuttavia determinava il rilascio di polveri e fibre contaminando tutto l’ambiente lavorativo della sala macchine. E’ stato anche evidenziato che il Merli oltre ad aver lavorato prima come aiuto macchinista, poi come macchinista, svolgendo essenzialmente la mansione di conduzione di vettori ferroviari, aveva svolto manutenzioni con cadenza settimanale che consistevano nello svolgimento delle attività di “visite normali”, e cioè la verifica da parte del macchinista degli organi tecnici consistenti nello smontaggio e rimontaggio dei pannelli contenenti amianto e le attività di “visite ridotte”, consistenti in ulteriori verifiche delle funzionalità del mezzo di trazione e dei suoi apparati.

Inoltre il lavoratore aveva svolto altri interventi giornalieri, con esposizioni indirette e per contaminazione dell’ambiente lavorativo essendo le cabine dei mezzi di trazione prive di aspiratori localizzati delle polveri, fumi e residui della combustione.

Esaminate le prove dell’esposizione alla fibra killer in sinergia con altri cancerogeni, e le perizie del consulente tecnico d’ufficio (CTU), il tribunale di Teramo ha accolto la richiesta condannando l’ente previdenziale.

Il giudice del Lavoro ha dichiarato che “il tumore del polmone di Dionisio Merli è di origine asbesto correlata, e che perciò ha maturato il diritto all’erogazione delle prestazioni tutte e con quelle aggiuntive del Fondo Vittime Amianto, in favore delle odierne ricorrenti, quali sue eredi legittime, rispettivamente vedova e figlia, e quindi in quota parte del 50% per ognuna di loro, la moglie Liviana Tattoni e la figlia Olga Merli”.

La somma riconosciuta come risarcimento alla famiglia del lavoratore, dicevamo, ammonta a 150mila euro: la somma è stata calcolata tre le rate arretrati, la rendita di reversibilità per la vedova del signor Merli le e maggiorazioni che sono destinate al fondo istituito per le vittime.

Verona, l’amianto al lavoro lo uccise: la condanna dei responsabili arriva quando sono già morti

Giordano Adami ha perso la vita 57 anni nel 2010: lavorò 9 anni alle Officine grandi riparazioni di Ferrovie

Giordano Adami è morto a soli 57 anni il 10 aprile 2010 senza avere giustizia. È deceduto a causa dell’amianto, respirato per almeno otto anni nelle «Officine grandi riparazioni» delle Ferrovie dello Stato che tra il 1976 il 1984 si trovavano vicino a Porta a Vescovo a Verona. La giustizia per lui è arrivata a più di 14 anni dalla morte: il 16 luglio scorso, è stata letta la sentenza che ha condannato a 8 mesi solo uno dei sette imputati con l’accusa di omicidio colposo. Si tratta dell’ex capo del Dipartimento di Verona R.P. in servizio alle Officine grandi riparazioni dall’ottobre del 1977 al 1986 che però, è morto il 22 febbraio 2024 all’età di 83 anni

La Corte d’appello ha saputo della morte dell’imputato solo il 10 settembre scorso e a un mese e mezzo dalla lettura della sentenza, durante la stesura della motivazione del provvedimento. Ci sarebbe stata poi un’altra condanna se l’altro dirigente delle Officine grandi riparazioni, il milanese F.C., in servizio in città dal 1976 ad agosto 1977, non fosse morto il 16 maggio 2022 all’età di 91 anni dopo che il processo a Venezia era iniziato da un paio di mesi. La Corte d’appello ha disposto per lui «il non luogo a procedere per intervenuta morte del reo» in quanto, scrivono i giudici nella motivazione della sentenza, «non si poteva addivenire ad una conferma della statuizione assolutoria».

In primo grado con la sentenza del tribunale di Verona, risalente 14 novembre 2019, era stato assolto perché «il fatto non sussiste» così come R.P. La Corte d’appello ha poi condannato R.P. anche a risarcire le parti civili costituitesi nel processo ovvero la Cgil, tutelata dall’avvocato Francesco Palumbo e la Cgil filt con Chiara Palumbo. L’importo del risarcimento sarà deciso in un separato giudizio civile.

La sentenza d’appello ribalta in parte le conclusioni del processo celebrato a Verona nel 2019 ed è la prima volta per la città che viene riconosciuta la responsabilità penale per la morte causata dall’esposizione all’amianto. In appello, è stata confermata, invece, l’assoluzione per i componenti dell’allora Consiglio d’amministrazione delle Fs. È stato ribadito anche il proscioglimento dell’allora medico delle Officine grandi riparazioni , il veronese R.S. In estrema sintesi, la Corte ha ritenuto che i vertici delle Fs non avessero alcun compito in materia di infortuni sul lavoro mentre per il medico non è stato provato alcun tipo di negligenza o violazione di norma nella prevenzione delle malattie provocate dall’amianto. I due ex capi dipartimento, finiti nel mirino dalla Corte d’appello, riporta la motivazione della sentenza, «erano titolari di un potere di controllo e di un dovere di vigilanza in relazione all’igiene e alla sicurezza negli ambienti di lavoro». Dovevano, quindi, «svolgere visite mirate alla prevenzione del rischio amianto, segnalare le mancanze in materia di prevenzione e avevano l’onere di dare indicazioni per un’effettiva diminuzione dei rischi connessi all’esposizione della sostanza nociva». Tutte queste precauzioni, però, non sono state prese: «Dal dibattimento», sostengono i giudici, «è invece emersa la totale omissione di controlli mirati alla prevenzione del rischio contaminazione».

Durante il processo, è stata ricostruita l’attività lavorativa di Adami. L’operaio è stato esposto ad amianto dal 1976 fino al 1984 in maniera intensa e quotidiana e successivamente, fino al 1990, in maniera occasionale e sporadica. Durante la fase delle indagini, era stato lo stesso Adami a spiegare agli investigatori che «dovevamo rimuovere con le mani l’amianto, aiutandoci con raschietti e spatole. L’operazione era molto polverosa e spesso si faceva uso di aria compressa per facilitare la pulizia della lamiera da sostituire». Andò in pensione nel 2004 all’età di 51 anni e morì solo sei anni dopo


Amianto : Sentenze

Operaio ex Ilva morto per amianto, Anmil ‘rendita a superstiti’

Deandri: ‘assegno funerario alla vedova, giustizia veloce’

La giudice del Lavoro del tribunale di Taranto Giulia Viesti ha riconosciuto il diritto a percepire la rendita ai superstiti e l’assegno funerario alla vedova di un ex dipendente Ilva morto nel dicembre 2007 per carcinoma polmonare da esposizione ad amianto.

Lo riferisce Emidio Deandri, presidente nazionale dell’Anmil, aggiungendo che “il lavoratore aveva svolto la prestazione lavorativa in favore dell’Ilva sino al 29 febbraio del 1992 con qualifica di operaio e mansioni di gruista e carropontista nell’area convertitori e presso il reparto Acciaieria 1».

Secondo Deandri “la particolarità del caso risiede nel fatto che la vedova, assistita dall’Anmil Taranto a cui si è rivolta, in particolare dai legali Maria Luigia Tritto e Aldo Tarricone, ha richiesto presso la competente sede Inail il pagamento delle prestazioni, riconosciute per legge in favore dei congiunti dei lavoratori morti per infortunio o malattia professionale, solo nel 2019, a distanza di ben 12 anni dal decesso del marito”.
    La giudice Viesti, “superando l’eccezione di prescrizione proposta dall’Inail – osserva ancora Deandri – ha ribadito quello che ormai è un costante orientamento della Corte di Cassazione: il termine iniziale ai fini del decorso della prescrizione, non è la mera manifestazione della malattia professionale, ma il momento in cui l’esistenza della malattia ed i suoi caratteri di professionalità ed indennizzabilità siano conoscibili dal soggetto interessato”.
    Il presidente dell’Anmil rileva che “il percorso giudiziario ha presentato non poche difficoltà.

Basti pensare che una prima relazione medica aveva escluso che il lavoratore fosse deceduto per malattia professionale, ma invece poiché ex fumatore. Solo a seguito del rinnovo delle indagini peritali, infatti, si è giunti ad un risultato favorevole alla vedova, riconoscendo il nesso tra la malattia professionale che ha portato al decesso e la sua attività lavorativa”.
    “A Taranto, in questo caso, la giustizia – conclude Deandri – ha fatto rapidamente il suo corso garantendo il diritto di una ‘vedova dell’amianto’ a percepire la rendita ai superstiti dopo 5 anni dalla sua richiesta”.