Archivi categoria: Sentenze

Amianto :Sentenze

Amianto: 600mila euro alla famiglia del militare morto di cancro

Sentenza a Roma, sottufficiale impiegato in Albania e Kosovo

(ANSA) – NAPOLI, 22 FEB – Il Tribunale di Roma ha condannato il ministero della Difesa a risarcire, con 600mila euro, la famiglia del militare casertano Leopoldo Di Vico, deceduto nel marzo 2015, a soli 58 anni, dopo una lunga malattia contro il cancro sviluppatosi in seguito ad esposizione ad amianto ed altri cancerogeni.

Le missioni in Albania e Kossovo

Una dura battaglia quella del luogotenente dell’Esercito italiano, meccanico dei mezzi blindati e corazzati del battaglione meccanizzato Granatieri di Sardegna, impiegato anche in Albania e Kossovo, un’altra vittima dei proiettili all’uranio impoverito, dei metalli pesanti, e dell’amianto, che hanno provocato l’insorgenza del carcinoma uroteliale del bacinetto renale.

Amianto Sentenze

Amianto e cancro, confermata la condanna all’imprenditore svizzero

Convalidata oggi a Torino l’ultima delle pene inflitte al magnate elvetico del cemento – oggi filantropo – Stephan Schmidheiny nelle cui fabbriche si trattava l’amianto senza precauzioni. Migliaia le vittime contate anche in Svizzera ma i casi sono stati tutti prescritti.

Nel processo chiamato Eternit Italia bis, la Corte di Appello di Torino ha confermato la condanna dell’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, 75 anni, per la morte di un operaio del gruppo Eternit, riducendo la pena a 1 anno e 8 mesi.

Il magnate del cemento era accusato del decesso, causato dalle conseguenze del contatto con l’amianto, di un ex dipendente e di un abitante di Cavagnolo, in Piemonte, nei cui pressi sorgeva uno degli stabilimenti di Schmidheiny.

L’uomo è stato condannato per omicidio colposo aggravato per la morte, avvenuta il 7 dicembre 2008, di una delle due persone per le conseguenze di un mesotelioma, un tumore raro associato soprattutto all’esposizione all’amianto.

“Una giustizia a metà”

“Giustizia a metà, una condanna ridimensionata ma siamo fiduciosi sull’esito della Cassazione”, è stato il commento odierno dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale Amianto e difensore dei familiari dell’operaio morto nel 2008, citato dall’agenzia italiana Adnkronos.

“Purtroppo le lungaggini giudiziarie, e anche l’ipergarantismo, hanno determinato che soltanto uno tra i due casi, non ancora prescritti, del troncone di Torino, ha superato il vaglio della responsabilità penale per il reato di omicidio colposo”, ha aggiunto il legale.

Amianto: Sentenze

Morta di tumore perché abbracciava il papà con la tuta sporca di amianto dopo il lavoro

La corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto il nesso di casualità tra il lavoro del papà e il decesso della donna, condannando l’azienda in cui lavorava l’uomo a risarcire i parenti per quasi 700 mila euro.

Una donna di 58 anni di Venezia, che per gran parte della sua vita ha lavorato come casalinga, è morta di mesotelioma pleurico, malattia contratta nonostante non avesse mai lavorato a diretto contatto con l’amianto, principale causa della patologia.

La donna ha contratto la grave malattia polmonare, costantemente associata all’eternit, abbracciando – quando era ancora una bambina – il padre che tornava dal lavoro e poi, cresciuta, aiutando la madre e la sorella a fare il bucato, quindi andando a lavare anche le tute da operaio coperte di fibre tossiche.

A sei anni dalla morte della 58enne, riformando una sentenza contraria in primo grado, la quarta sezione civile della corte d’Appello di Venezia ha riconosciuto il nesso di casualità tra il lavoro del genitore e il decesso della donna, condannando l ‘azienda in cui lavorava il papà a risarcire i parenti per quasi 700 mila euro. I giudici hanno infatti concordato con la tesi dei legali della famiglia, gli avvocati Enrico e Livia Cornelio, riconoscendo nell’esposizione all’amianto l’unica possibile ragione per la malattia e nel contatto quotidiano con il padre l’unica forma di contaminazione mai avuta dalla donna.

Amianto :Cassazione

Amianto: Cassazione conferma risarcimento a operaio Solvay

Società aveva fatto ricorso contro sentenza di appello

ANSA) – ROSIGNANO SOLVAY (LIVORNO), 24 GEN – La Corte di Cassazione ha confermato una sentenza della corte di appello di Firenze per il risarcimento dei danni di amianto a un operaio dello stabilimento di Rosignano Solvay (Livorno).

E’ la prima sentenza passata in giudicato contro la multinazionale, secondo quanto riporta l’Osservatorio nazionale amianto (Ona) che spiega in una nota che “gli ermellini hanno rigettato il ricorso della Solvay Chimica Italia spa che ha contestato ben due sentenze a favore di un operaio che ha contratto placche pleuriche e ispessimenti da amianto, per meno di 3.000 euro di risarcimento.

Ora l’azienda è costretta a pagare anche tutte le spese legali”.
    La causa riguarda un uomo, 71 anni, che nel 2007, dopo aver lavorato per 32 anni come operaio in officina meccanica e in officina calderai nello stabilimento di Rosignano, si è ammalato di una patologia asbesto correlata, causata, cioè dall’esposizione ad amianto. Nel procedimento di primo grado è stato dimostrato che l’operaio è stato esposto ad amianto, prima nell’officina meccanica “calderai”, quale montatore e tubista (dal 1974 al 1983) e successivamente nel reparto sodiera (dal 1983 al 2005, anno di pensionamento). “Entrambi gli ambienti lavorativi – riporta ancora Ona – erano privi di separazione degli ambienti, e quindi vi fu una esposizione diretta, indiretta e per contaminazione dell’ambiente lavorativo, e soprattutto, per i calderai/tubisti, i livelli espositivi erano elevati anche quando questi operai si recavano in altri reparti.
    In questo contesto lavorativo, in tempi anche vicini al pensionamento, le attività lavorative, anche di scoibentazione delle vecchie tubature con amianto, furono svolte in assenza di informazione sulle condizioni di rischio e di dotazione di maschere con il grado P3″.
    “Questa sentenza è storica perché la Solvay, non solo ha sempre negato l’uso dell’amianto e che ci possano essere stati dei danni per la salute per i suoi dipendenti, ma ha continuato a negare i diritti di quelli esposti che hanno contratto patologie absesto correlate – dichiara l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto e anche legale dell’operaio 71enne – Finalmente queste tesi sono state definitivamente smentite, ed anche la multinazionale Solvay che spesso ha goduto di sovvenzioni pubbliche, vede ora la sua condanna in Cassazione. Il fatto che Solvay abbia utilizzato amianto è un dato oggettivo e non contestabile, anche in ragione di decine e decine di operai che sono deceduti tra coloro che hanno lavorato nello stabilimento”. (AN

Amianto :Cassazione

Amianto, beneficio contributivo anche se la malattia non è indennizzabile

Per il riconoscimento del beneficio contributivo di cui all’art. 13, comma 7, della Legge n. 257/1992 in favore dei lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentata dall’Inail non è necessario che la malattia sia indennizzabile.

E’ quanto ammesso dalla Corte di cassazione nel testo dell’ordinanza n. 37045 del 17 dicembre 2022 con cui ha fornito la corretta interpretazione della disposizione richiamata, per come inserita nel contesto delle misure previdenziali a sostegno dei lavoratori che si sono trovati direttamente o indirettamente esposti all’amianto.

La previsione in esame, in particolare, dispone che: “Ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche per i lavoratori, che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto documentate dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), il numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria relativa a periodi di prestazione lavorativa per il periodo di provata esposizione all’amianto è moltiplicato per il coefficiente di 1,5″.

Nella vicenda posta all’attenzione della Suprema corte, un uomo si era visto respingere la domanda con cui aveva chiesto l’accertamento di aver contratto una malattia professionale da asbesto correlata, al fine di conseguire la rivalutazione dei periodi contributivi ai sensi della citata legge, a prescindere dal raggiungimento della soglia indennizzabile.

Amianto:Sentenze

Amianto sui bus, Cotral condannata a risarcire i figli dell’autista morto

La decisione del Tribunale di Roma contro la compagnia di trasporti laziali, ai due eredi della vittima andranno 157mila euro

Il Tribunale di Roma ha condannato la compagnia di trasporti laziali Cotral Spa al risarcimento dei danni nei confronti di Stefano e Claudio, figli di Vincenzo Cecchini, autista di linea morto a 59 anni per adenocarcinoma polmonare da amianto. I due, informa l’Osservatorio Nazionale Amianto, riceveranno complessivamente 157mila euro di risarcimento.

‘uomo si è ammalato nel novembre 2010morendo 8 mesi più tardi il 22 luglio 2011. Sono le prime sentenze di condanna seguite dall’Osservatorio Nazionale Amianto, di Cotral Spa, dopo che molti dei lavoratori sono stati collocati in prepensionamento amianto. “Non sarà possibile restituire alla famiglia il loro caro, ma abbiamo ottenuto giustizia e un po’ di pace”, commenta il presidente Ezio Bonanni. A guidare il convincimento del giudice del Lavoro, Valentina Cacace, è stata la sentenza del Tribunale di Roma, confermata in Appello nel dicembre 2022, che condanna la Cotral Spa al risarcimento di 78.714,03 euro per Laura Cristofanelli, vedova del Cecchini e mamma di Stefano e Claudio.

I consulenti tecnici di ufficio hanno riconosciuto “la sussistenza del nesso fra l’esposizione lavorativa e l’insorgenza dell’adenocarcinoma polmonare diagnosticato” alla vittima, richiamando le normative che dispongono tutta una serie di misure che il datore di lavoro deve attuare per preservare la salute dei suoi dipendenti precisando che “non può non dubitarsi della responsabilità della società resistente per l’omessa adozione di quelle cautele che avrebbero ridotto il rischio”.

Il Tribunale di Roma riconosce per i figli, che all’epoca della morte del padre avevano 30 e 31 anni, com’è stato per la madre, anche il danno biologico di natura psichica: dopo la diagnosi, infatti, l’integrità psico-fisica di Cecchini è stata compromessa perché – rileva ancora l’Osservatorio – ha percepito lucidamente la gravità del quadro patologico e l’approssimarsi della morte.

Amianto:Risarcimenti

Esposto ad amianto nell’esercito e nella Guardia di Finanza, appuntato scelto riconosciuto vittima del dovere

La Corte di Appello di Trieste ha condannato i Ministeri della Difesa e dell’Economia al risarcimento

La Corte d’Appello di Trieste ha riconosciuto vittima del dovere per esposizione all’amianto l’appuntato scelto Marco Sedda, per anni nell’esercito e ora ancora in forze nella Guardia di Finanza. In Appello è stata ribaltata la sentenza di primo grado del Tribunale di Trieste che non aveva ritenuto fossero stati forniti elementi specifici e concreti della presenza di amianto sul luogo di lavoro.

Amianto:Discariche

Ricorso accolto dal Tar: la discarica di amianto non si farà”

La soddisfazione del Sindaco di Santhià: “Il più bel regalo di questo Natale”

SANTHIA’ (VC) (16.12.2022 – 18.01) – Ieri mattina, giovedì 15 dicembre, il TAR ha accolto il ricorso presentato dal Consorzio del Riso d.o.p. di Baraggia biellese e vercellese contro la discarica di amianto a Salussola, in località Brianco, con una sentenza che risulta inequivocabile e che avrà come prevedibile conseguenza la vittoria anche degli altri tre ricorsi di cui uno presentato proprio dal Comune di Santhià, insieme a quello di Carisio.

«Quale regalo migliore per il nostro Natale! In attesa della Sentenza del Marzo 2023 contro la Discarica di Amianto al Branco, il Giudice si è già pronunciato e la discarica non si farà. Se non avessimo contrastato, da subito, anche perdendo i primi ricorsi, oggi non potremmo dire che non si farà né la discarica di amianto al Brianco, né l’ampliamento delle discariche A2A in Valledora. Ci siamo battuti duramente e con determinazione, ma oggi sono felice di poter dire che nel futuro non ci saranno discariche sul nostro territorio», commenta con soddisfazione il sindaco Angela Ariotti.

Amianto: Ancora Sentenze

“Ucciso da amianto, assolvete l’ex dirigente”

Roberto Cai era responsabile alla fine degli anni ’70 nelle officine Breda. Il pm: “Il fatto non sussiste”. La difesa: “Nessun nesso di causalità”

Assoluzione perché il fatto non sussiste. E’ stata questa la richiesta avanzata ieri davanti al giudice Pasquale Cerrone del tribunale di Pistoia dal pubblico ministero Luisa Maria Adamo, nell’ambito del processo che vede imputato l’ex dirigente delle officine Breda, Roberto Cai, 85 anni, con l’accusa di omicidio colposo, per la morte nel 2004 di Fabio Ceccherini, ex operaio Breda, deceduto per un mesotelioma pleurico. La malattia di Ceccherini, come quella di tanti altri colleghi delle officine Breda, secondo le indagini dirette dalla Procura, sarebbe da ricondurre alla lunga esposizione alle fibre di amianto che l’operaio avrebbe avuto negli anni, dagli anni ’60 fino al 1981. L’ex dirigente Breda è accusato di omicidio colposo, in violazione delle misure anti infortunistica per l’esposizione all’amianto. Ceccherini era entrato in Breda nel 1964. La sua mansione era quella di allestitore delle carrozze, dopo che le stesse erano state coibentate con la tecnica della spruzzatura. Una tecnica questa della spruzzatura che avrebbe causato una esposizione diretta alle fibre di amianto in molti operai. Ma Ceccherini aveva un’altra mansione, intervenendo nel montaggio in un momento successivo. Secondo l’iniziale impianto accusatorio, Ceccherini sarebbe stato esposto alle fibre di amianto fino al 1981, dunque per un periodo prolungato della sua attività lavorativa, periodo nel quale avrebbe con molta probabilità contratto la malattia che sarebbe insorta successivamente. Ma la posizione di garanzia dell’ex dirigente Breda, Roberto Cai, avrebbe solo sfiorato questo lasso di tempo, dal momento che era iniziata nel 1978, ma si era concretizzata nel 1981. Inoltre, la tecnica della spruzzatura, alla fine degli anni ’70, fu abbandonata. Su questi aspetti si concentra la difesa dell’avvocato Andrea Niccolai, legale di Cai. “La posizione di garanzia all’interno dello stabilimento di Roberto Cai – ha spiegato l’avvocato Andrea Niccolai – iniziò di fatto nel 1981, dopo la fine dell’attività di coibentazione a spruzzo. Si può perciò escludere il nesso di causalità con l’insorgenza della malattia. Soprattutto, non esiste alcuna prova scientifica che le esposizioni, certamente bassissime, nell’ultimo periodo, possano avere influito sul decorso della patologia”. Il processo è aggiornato al 27 gennaio, data in cui è attesa la sentenza. Il processo per i morti d’amianto si è concluso, lo ricordiamo,nel 2008, con l’assoluzione confermata in appello di tutti gli ex dirigenti degli stabilimenti di via Ciliegiole. Furono analizzati 17 decessi, ma non fu possibile attribuire la responsabilità penale per quelle morti. La maxi indagine era stata avviata nel 1995 e prese in esame 170 decessi sospetti.

Amianto : Sentenze

Milano, amianto alla Scala, in appello confermate assoluzioni. Comitato difesa salute: “Sentenza indegna, fu una strage silenziosa”

Sono stati assolti anche in appello le quattro persone, tra ex vertici e consulenti del Teatro alla Scala, imputate con l’accusa di omicidio colposo di alcuni lavoratori morti di tumore per la presenza di amianto prima delle bonifiche dei locali del Piermarini. Lo ha deciso la quinta sezione penale della Corte d’appello confermando la sentenza di primo grado del 30 aprile 2021.

Il verdetto era stato impugnato dal pm Maurizio Ascione, applicato poi nel processo di secondo grado. Gli imputati per cui era stata chiesta la condanna erano Carlo Fontana, l’ex sovrintendente della Scala dal primo ottobre 1990 al 24 febbraio 2005, Giovanni Traina, dal 1987 referente del Centro Diagnostico Italiano e successivamente, con la Società di Prevenzione, consulente esterno del Teatro in materia di igiene e sicurezza, Franco Malgrande, direttore tecnico dal primo gennaio 1994 e dal primo aprile 1995 direttore dell’allestimento scenico e Maria Rosaria Samoggia, alla direzione affari generali dal 27 settembre 1991 al 21 ottobre 1996. Le motivazioni saranno depositate entro 45 giorni.

In questo paese se rubi una mela per fame vai in galera; se rubi migliaia di vite umane “il fatto non sussiste”.

Amianto:Aviazione Civile

Aviazione civile, Cassazione conferma esposizione ad amianto

Aviazione civile e amianto. “Con la più recente sentenza della corte di Cassazione n. 35228 del 2022, si pone la parola fine in ordine alla conferma della elevata esposizione amianto anche in questo settore. Questa esposizione naturalmente riguarda anche l’Aeronautica militare. Infatti, nella componentistica degli aeromobili l’amianto ha avuto un ruolo decisivo, non solo per le sue qualità antincendio, ma anche per la sua forte resistenza e il poco peso”. Così ha commentato il pronunciamento degli Ermellini il presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, che assiste la famiglia di Aldo Converso. L’uomo è stato tecnico aeronautico nelle aziende Ati e Atitec tra il 1966 e il 2004, presso l’officina di Napoli Capodichino. Nel 2006 morì per un mesotelioma causato dall’asbesto.

Nel dispositivo sancisce un importante principio: “L’accertamento incidentale in sede civile del fatto costituente reato (e quindi della responsabilità penale del datore di lavoro, ndr), sia nel caso di azione proposta dal lavoratore per la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno cd. differenziale, sia nel caso della azione di regresso proposta dall’Inail, deve essere condotto secondo le regole comuni della responsabilità contrattuale, anche in ordine all’elemento soggettivo della colpa e del nesso causale tra fatto ed evento”.

Significa che l’accertamento del reato in sede civile risponde non alle regole del diritto penale, ma a quelle del civile. In questo secondo caso per la prova vige il principio del “più probabile che non” e non, come in sede penale, dell’“oltre ogni ragionevole dubbio”.

E’ una differenza fondamentale perchè dimostrare qualcosa oltre ogni ragionevole dubbio è molto più difficile. Nelle cause civili sul lavoro, quindi, è ora sufficiente dimostrare la violazione delle norme cautelari non solo per provare la colpa, ma anche il nesso causale tra l’esposizione all’amianto e la patologia asbesto correlata