Archivi categoria: Sentenze

Amianto :Sentenze

IL CASO

Genova, ex saldatore morto per un mesotelioma. La sentenza: “Respirò amianto, Fincantieri paghi”

Azienda condannata a risarcire la moglie e due figlie dell’operaio. L’uomo, mancato a 80 anni, era un ex culturista non fumatore

Genova – La Fincantieri dovrà risarcire complessivamente quasi 740mila euro alla moglie e alle due figlie dell’ex operaio. Morto a 80 anni a causa di un mesotelioma provocato dal contatto prolungato con le fibre d’amianto, avvenuto negli anni in cui l’uomo era in servizio presso il polo produttivo sestrese. Lo ha stabilito la giudice della sezione lavoro del tribunale di Genova Maria Ida Scotto. Una decisione frutto anche dell’impegno dei famigliari e dei loro legali, che hanno rintracciato alcuni colleghi di un tempo dell’uomo, ancora in vita, portando in tribunale le loro testimonianze. La giudice ha anche posto a carico dell’azienda le spese legali, per un ammontare, compreso il risarcimento, che si avvicina agli 800mila euro. Fincantieri ora dovrà decidere se impugnare o meno la sentenza, emessa lo scorso 7 dicembre. Le cui motivazioni saranno pubblicate entro 60 giorni da quella data. La storia lavorativa all’interno di Fincantieri dell’ottantenne, residente a Molassana e deceduto nel 2019, era iniziata nel 1956.

Per concludersi con il pensionamento nel 1992. Una carriera che lo aveva visto impegnarsi a fondo e guadagnare diverse promozioni. Prima saldatore, poi tracciatore, cioè incaricato di misurare e marcare su una lamiera le linee lungo le quali vengono effettuati i tagli. E ancora capo tracciatore e infine capo reparto. Trentasei anni di lavoro. Non fumatore e sportivo, aveva praticato a lungo il culturismo. Dopo una serie di avvisaglie, l’uomo era stato sottoposto a diversi esami che avevano portato nel luglio del 2018 alla diagnosi di mesotelioma. Nel dicembre dell’anno successivo, dopo mesi di tentativi di cura e sofferenza, era morto.

Affiancate dagli avvocati Antonella Piccini e Stefano Suppa, la moglie e le due figlie dell’ottantenne avevano intrapreso una causa per vedere riconosciuto un risarcimento. E messa nero su bianco la responsabilità del datore di lavoro dell’ex operaio. Che non lo aveva messo al riparo dai danni che l’inalazione delle fibre di amianto gli avrebbero provocato nei suoi anni in Fincantieri. Una battaglia non semplice. Intanto per il tempo trascorso fra il periodo lavorativo e la scoperta della malattia. Per questo è servito un importante lavoro di recupero della documentazione e di ricerca di possibili testimoni. Altri lavoratori dell’epoca. Alcuni, come detto, sono stati rintracciati e portati in udienza come testimoni.

Poi la perizia del medico legale incaricato dal tribunale. Secondo il quale nessun mezzo dell’epoca avrebbe potuto prevenire la patologia. I legali della famiglia, però, hanno citato una sentenza della Corte di Cassazione, sezione lavoro, dello scorso gennaio. Secondo la quale il datore di lavoro, quando viene a conoscenza della nocività di un’operazione legata all’amianto, deve prendere ogni provvedimento per evitare l’esposizione. Arrivando a modificare l’attività produttiva. Ecco, secondo i legali, se è vero che l’amianto è stato messo fuori legge da una norma del 1992, già nel 1956 un’altra legge imponeva di annullare o comunque ridurre la diffusione di polveri, installando sistemi di aspirazione o trasferire quelle attività in luoghi chiusi. In alternativa, inumidire i pezzi da lavorare. Anche alcuni studi dell’inizio del ’900 mettevano in guardia dall’esporre alle polveri di amianto donne e bambini. Insomma, per i due avvocati Fincantieri non poteva non sapere quanto quel materiale fosse pericoloso. E avrebbe dovuto prendere provvedimenti per garantire la sicurezza dei propri lavoratori. La giudice ha stabilito un risarcimento che riguarda il decesso stesso dell’ottantenne e l’indennizzo alla moglie e alle figlie. Per un totale di 738.676,50 euro.

Amianto : Sentenze

Esposto all’amianto nei laboratori Enea, muore di mesotelioma: l’Agenzia condannata a risarcire i familiari

Federico B. lavorava nel centro di Casaccia, vicino Anguillara, facendo esperimenti sui metalli. Il Tribunale di Roma ha stabilito che la vedova e i due figli abbiano 49 mila euro

Il Tribunale di Roma ha condannato l’Enea, per la morte del Sig. Federico B., avvenuta a 78 anni per un mesotelioma pleurico legato all’esposizione alle fibre di amianto. Ai familiari, i due figli e la vedova, è stato riconosciuto un risarcimento pro quota pari a 49.319,00.

L’uomo, nato a Roma e residente ad Anguillara Sabazia, aveva prestato servizio per 34 anni presso il Centro Enea di Casaccia, nello specifico al Laboratorio di Tecnologie dei Materiali, svolgendo mansioni finalizzate allo studio e alla ricerca dei materiali, in particolare dei metalli. Qui è stato esposto fino al prepensionamento a radiazioni pericolose e a materiali contenenti amianto, anche dopo la messa al bando del minerale, senza per altro essere dotato di adeguati strumenti di prevenzione e protezione. La terribile diagnosi era arrivata nel 2016 e, dopo un anno di atroci sofferenze, l’uomo è deceduto nel maggio 2017.

Amianto : Sentenze

Bidello morto per amianto al Volta di Trieste, la Corte d’Appello: «Il ministero risarcisca la famiglia»

Sentenza di primo grado ribaltata. Per i giudici l’esposizione professionale determinò il mesotelioma

TRIESTE. Aveva lavorato presso l’Istituto tecnico statale “Alessandro Volta” di Trieste, alle dipendenze del Ministero dell’istruzione, per tutta la sua vita professionale, dal 2 maggio 1967 fino al pensionamento, il 3 giugno 1985, ricoprendo le mansioni di bidello e magazziniere, oltre ad occuparsi della pulizia delle officine didattiche. Dall’anno scolastico 1970/1971 l’istituto si trasferì nel nuovo edificio di via Monte Grappa, spostandosi dalla sede di via Battisti. L’uomo morì l’11 luglio 2017 a causa di un mesotelioma epitelioide. Un decesso,…

Processo Enichem, assolti gli undici imputati accusati di omicidio colposo

Sono ex direttori, amministratori e membri dei consigli di amministrazione di quattro società che hanno gestito l’impianto chimico di Pieve Vergonte

Sono stati tutti assolti, perché “il fatto non sussiste”, gli undici imputati per omicidio colposo a Verbania nel processo Enichem 1.

Lo riporta il giornale ‘’Lo Spiffero’’.  Si tratta di ex direttori di stabilimento, amministratori e membri dei consigli di amministrazione di quattro società (Rumianca, Anic, EniChimica Secondaria ed EniChem Synthesis) che, tra gli anni ’70 e la metà degli anni ’90, hanno gestito l’impianto chimico di Pieve Vergonte.

”La vicenda – scrive Lo Spiffero – riguarda la morte di tre ex dipendenti che hanno lavorato nello stabilimento: due di loro si sono ammalati di mesotelioma della pleura, il terzo di tumore polmonare”.

A maggio il pm Nicola Mezzina, della Procura di Verbania, ritenendo che i decessi fossero dovuti alla presenza di amianto nello stabilimento, aveva chiesto per i 12 imputati (uno di loro, nel frattempo, è deceduto) condanne con pene da un anno a un anno e otto mesi.

Il Tribunale di Verbania però – scrive Lo Spiffero,  ‘’ha stabilito di non doversi procedere per quanto riguardo il reato, ascritto a tutti e 11 gli imputati, di lesioni personali colpose ai danni di una quarta persona, in quanto estinto per intervenuta prescrizione’’.

Amianto : Sentenze

Naja in mezzo all’amianto killer: alla vedova mezzo milione di euro

Risarcita dopo anni la moglie di un cannoniere. Aveva fatto la leva nel 1967 a Pordenone. Da oggi la sentenza del Tribunale di Roma è definitiva

Il ministero della Difesa risarcirà con mezzo milione di euro la vedova di Pietro Caratelli, deceduto a 71 anni nel 2018 a causa di un mesotelioma. L’uomo, durante il servizio di leva svolto a Pordenone nel 1967, era stato esposto nei mezzi corazzati all’amianto, all’uranio impoverito e al radon. Lo ha deciso il Tribunale di Roma, che ad aprile ha condannato la Difesa a risarcire la donna. Oggi la sentenza è diventata definitiva

Caratelli aveva prestato servizio in qualità di cannoniere nella caserma Franco Martelli di Pordenone. In quegli anni, aveva lavorato senza strumenti di prevenzione tecnica e individuale, manipolando materiali patogeni. A partire dai guanti e dalle pezze di amianto necessarie per utilizzare la mitragliatrice montata sui carri. L’amianto, inoltre, era diffusamente usato nella caserma, sia negli edifici, sia nelle officine.

Già nel 2020, la Difesa era stata condannata in via definitiva a riconoscere il militare vittima del dovere e il ministero dell’Interno a concedere alla donna i benefici assistenziali.

Amianto: Sentenze

Muore a causa dell’amianto, Inail condannata a risarcire i familiari per tutta la vita

Dopo 18 anni di lavoro Luigi Mitrano morì per un tumore ai polmoni

Dopo una lunga battaglia in aula si è conclusa la vicenda che era partita dalla morte dell’operaio dell’Agip di Gaeta (Lt) Gaetano Luigi Mitrano a causa di un tumore ai polmoni causato dall’esposizione prolungata all’amianto.

Il Tribunale di Cassino, nelle ore scorse, ha condannato l’Inail a erogare a Ornelia Matrullo, vedova dell’operaio Gaetano Luigi Mitrano, morto per un tumore al polmone per esposizione all’amianto, l’indennizzo consistente nella resa di circa 1500 euro mensili, con tutti gli arretrati maturati dalla morte, per una cifra complessiva di 150 mila euro.

Mitrano fu per 4 anni alle dipendenze di Ferrovie dello Stato Spa e, successivamente, per 14 anni di Agip Spa (già Spa Gaeta Industrie Petroli) con la mansione di addetto alla movimentazione, miscelazione, ed etilazione della benzina. 

L’inalazione di sostanze nocive e l’interazione con materiali in amianto, tra i quali guanti e tubazioni, gli causarono il cancro del polmone, che gli fu diagnosticato nell’estate del 2015, cui fece seguito un anno di agonia e il decesso tra atroci sofferenze nel febbraio 2016 a Formia

Morto per amianto, l’Asl/To4 paga 400mila euro: era un dipendente del distretto di Ivrea

L’azienda preferisce conciliare che andare in giudizio: gli eredi avevano chiesto 2 milioni. C’è una clausola di riservatezza

Amianto: Sentenze

Amianto, Comune risarcisce eredi vittima con 400mila euro

La vittima aveva lavorato tra gli anni ’60 e ’80 nell’ex ospedale al San Lazzaro. L’ente, condannato in solido con la Regione, farà appello

REGGIO EMILIA – Morì vittima dell’amianto. Il Consiglio comunale di Reggio Emilia si troverà lunedì prossimo ad approvare un debito fuori bilancio di poco più di 400.000 euro, per ottemperare ad una sentenza del tribunale.

Si tratta – come emerso questa sera dalla commissione Bilancio presieduta da Fabrizio Aguzzoli (Coalizione civica) – di un risarcimento da devolvere agli eredi di una vittima dell’amianto che ha lavorato tra gli anni 60 e 80 nell’ex ospedale al San Lazzaro.

L’amministrazione è chiamata a pagare perchè nei contenziosi civili, a differenza di quelli penali, le sentenze di primo grado sono provvisoriamente esecutive tra le parti. In solido con l’ente locale è stata condannata anche la Regione, che ha già presentato appello. Il Comune di Reggio, dice la dirigente dell’avvocatura civica Eliana Benvegna, farà altrettanto.

Amianto :Sentenze

Fincantieri, elettricista morto per esposizione amianto. Risarcimento da 869 mila euro alla famiglia

Il Tribunale di Trieste ha condannato Fincantieri S.p.A., azienda italiana operante nel settore della cantieristica navale con sede anche nelle Marche, al risarcimento danni per la morte di un elettricista esposto ad amianto che lavorava presso l’azienda.

L’elettricista aveva lavorato nei cantieri, esponendosi ogni giorno all’amianto a bordo delle navi in costruzione. L’esposizione prolungata causò il mesotelioma, patologia tipicamente correlata alla fibra killer. La diagnosi arrivò nel 2017. La famiglia si è quindi rivolta all’Osservatorio Nazionale Amianto per ottenere giustizia.

L’azienda italiana di cantieristica italiana, Fincantieri, dovrà risarcire la famiglia dell’elettricista, Alfio Derin, esposto ad amianto quando lavorava nei Cantieri riuniti dell’Adriatico.

Lo stesso Ospedale di Cattinara gli aveva diagnosticato un mesotelioma, a marzo del 2017. Una diagnosi causata da una «pregressa esposizione ad absesto».

Il risarcimento di Fincantieri

Il Tribunale ha fissato un risarcimento che verrà liquidato ai famigliari del lavoratore deceduto. L’importo ammonta a 224mila euro per i danni subiti dal lavoratore, da liquidare pro quota agli eredi, 243 mila circa verrano liquidati alla moglie, rimasta vedova, e circa 197mila e 204mila circa per le due figlie rimaste orfane. Una vittoria che lo staff legale, composto dall’avvocato Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, affiancato dall’avvocato Corrado Calacione, ha ottenuto, dimostrando «il pieno nesso di causalità tra l’esposizione ad amianto e la morte dell’operaio». Ma, è anche opportuno ricordare che l’amianto purtroppo continua a mietere vittime in Italia, come confermano i dati del VII Rapporto ReNaM. A questi casi di mesotelioma riportati si devono poi aggiungere tutti quelli riguardanti le altre patologie da amianto.

Amianto : Sentenze

Morto per esposizione all’amianto, Fincantieri condannata a risarcire 869mila euro alla famiglia

Il Tribunale di Trieste ha condannato la società Fincantieri spa al risarcimento del danno per 869mila euro, per la morte dell’elettricista Alfio Derin, esposto ad amianto quando lavorava nei Cantieri riuniti dell’Adriatico, azienda assorbita da Italcantieri nel 1966, e inglobata a sua volta in Fincantieri nel 1984. Lo afferma in una nota l’Osservatorio nazionale amianto. Il mesotelioma era stato diagnosticato a Derin nel marzo 2017. «Gli stessi sanitari dell’ospedale di Cattinara a Trieste», ripercorre l’Ona, informarono il paziente «che la sua malattia aveva origine dalla ‘pregressa esposizione ad asbesto’»: «lo staff legale, con l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona, affiancato dall’avvocato Corrado Calacione, è riuscito a dimostrare il pieno nesso di causalità tra l’esposizione ad amianto e la morte dell’operaio».

Amianto nella tuta, 1,2 milioni a famiglia vigile del fuoco

Viminale condannato a risarcimento da tribunale Reggio Calabria

Con una sentenza dello scorso settembre la seconda sezione civile del Tribunale di Reggio Calabria ha condannato il ministero dell’Interno a risarcire un milione e 276mila euro aI familiari di un vigile del fuoco calabrese prematuramente scomparso a causa dell’esposizione all’amianto.

A tutelare le parti lese è stata l’avvocata Elisa Ferrarello dello studio Legale Frisani di Firenze.

Amianto: Sentenze

Venezia, trent’anni a pilotare la barca con amianto: ora l’hotel Cipriani deve risarcire i figli

Il primo caso per un motoscafista morto di mesotelioma pleurico: 629 mila euro agli eredi. La perizia: entità modesta di amianto ma significativa visto il tempo di esposizione

La Corte d’appello condanna l’hotel Cipriani a risarcire i figli di un suo ex motoscafista con 629 mila euro. L’uomo che per oltre trent’anni, dal 1970 fino al 2003, ha accompagnato i vip di tutto il mondo da una parte all’altra della laguna a bordo del motoscafo del blasonato albergo veneziano, nel 2013, all’età di 72 anni, si è spento dopo mesi di agonia per essersi ammalato di mesotelioma pleurico, anche detto il «tumore dell’amianto». P.V. oltre a trascorrere l’intera giornata lavorativa pilotando l’imbarcazione dell’hotel si occupava spesso di piccoli interventi di manutenzione della barca, quella stessa nella quale sono state rilevate tracce di amianto tanto in varie parti del vano motore quanto nel suo rivestimento esterno. Per questo nel 2018 l’avvocato veneziano Enrico Cornelio, per conto della moglie di P.V. (nel frattempo venuta a mancare) e dei suoi due figli, aveva presentato sia un ricorso al tribunale di Venezia affinché gli eredi venissero risarciti per la sofferenza patita dal loro marito e padre prima di morire, sia avviato una causa civile che ripagasse i danni subiti per la malattia provocata dall’esposizione all’amianto

Poco amianto ma esposizione significativa

La sentenza di primo grado aveva stabilito che l’hotel Cipriani dovesse risarcire i parenti del defunto con circa 165 mila euro, saldo che la Corte d’appello ha ora innalzato a 629 mila euro, di cui 318 mila saranno destinati al primo figlio e 311 mila al secondo. Nel corso della perizia tecnica eseguita nel 2018 era stata individuata una sola fibra di amianto nelle parti di legno prelevate dall’interno della motoscafo, un’entità modesta ma «particolarmente significativa considerato il tempo trascorsovi a contatto», come indicò il professionista incaricato dal giudice, l’ingegnere Zipponi. 

Il primo caso per un motoscafista

Il nesso di causa tra il contatto prolungato con l’eternit e il decesso è sempre stato negato dall’hotel Cipriani, difeso dall’avvocato Matteo Fusillo, il quale dovrà comunque risarcire i figli del proprio ex dipendente ora che la Corte d’appello ha confermato la sentenza emessa dal giudice del lavoro Chiara Coppetta Calzavara nel 2019. Fino al momento della prima sentenza che ha riconosciuto le cause del decesso di P.V., le morti per amianto erano sempre state ritenute un problema dei lavoratori in ambito industriale portuale, mai della categoria dei motoscafisti, nesso in cui ha creduto fortemente fin da subito l’avvocato Corne

Amianto killer, 1.800 casi in 26 anni. Giustizia-lumaca: un indennizzo l’anno

Vittime dell’amianto, l’Inail viene nuovamente condannata. La sentenza è relativa ad un caso di decesso nel trapanese, ma siamo alla punta dell’Iceberg. In Sicilia i casi di mesotelioma sono 200 l’anno, ma i casi giudiziari che passano per l’Ona sono appena uno ogni 365 giorni

La nuova condanna all’Inail

Mesotelioma maligno epitelioide. Questo è il nome specifico della malattia che ha stroncato la vita di un lavoratore deceduto circa tre anni fa. Questo tumore si è sviluppato per via dell’esposizione prolungata alle fibre di amianto avvenuta durante i 50 anni di attività del lavoratore, prima come meccanico frigorista, poi nel cantiere navale di Trapani. A stabilirlo è la Corte d’Appello di Palermo, che ha ribaltato la sentenza di primo grado del Tribunale di Marsala e ha condannato l’Inail a risarcire la vedova del defunto. La donna riceverà anche una rendita dal valore di circa 45 mila euro, in aggiunta agli arretrati. In merito al risultato giudiziario Bonanni commenta: “Le malattie da amianto sono ancora sottostimate, ci sono una serie di tumori che sono molto più frequenti rispetto all’entità valutata che la fibra killer ha provocato, soprattutto per gli operatori dei cantieri navali e di altre aziende”.

Amianto, 3.366 sono stati “esposti” I parenti delle vittime: non molliamo

Dopo la notizia dell’archiviazione per 52 decessi sospetti attorno alla Eternit di Rubiera: “Siamo delusi. Ora studieremo le motivazioni, ma siamo pronti a ripartire da cause singole e fatte molto bene

La chiamano ’la corte degli esposti’: sono tutti coloro che hanno fatto parte della produzione di manufatti di cemento amianto, negli anni in cui era legale farlo. E lo è stato fino al 1992, quando una legge lo ne ha vietata la produzione in tutta Italia. Nella provincia di Reggio Emilia questa corte conta 3.366 addetti: impossibile, invece, quantificare quanti vi siano venuti a contatto in maniera collaterale; perché vivevano vicino a una fabbrica, perché lavavano a casa le tute dei mariti o perché quelle fibre d’amianto erano nell’aria o negli oggetti più comuni e innocenti che potessero entrare in casa: come i fornetti-giocattolo per bambini.

In Emilia-Romagna c’erano dieci aziende che producevano lastre di amianto, tra gli anni Sessanta e il 1992; di queste dieci otto erano in territorio reggiano. Quello che può aver fatto la differenza – una differenza fra la vita e la morte – è l’aver fatto rispettare le norme di sicurezza in azienda; regole che già erano in vigore dal 1956: non soltanto usare le mascherine, ma evitare che si sollevassero polveri, abbatterle immediatamente, l’inumidimento materiali, l’effettuare pulizie con aspiranti, il separare i materiali pericolosi dagli altri, il fatto di non consumare i pasti sui luoghi di lavoro e non portare a casa gli indumenti da lavare.

La notizia dell’archiviazione (anticipata ieri dal Carlino) datata gennaio 2021 del fascicolo per omicidio colposo di 52 presunte vittime d’amianto – gravitate intorno alla Icar spa (poi divenuta ‘Industria Eternit Reggio Emilia’) sulla via Emilia a Rubiera – è rimbalzata tra gli addetti ai lavori e familiari delle vittime. Sul registro degli indagati c’erano Stephan Ernst Schmidheiny (ultimo proprietario della Eternit) e Luigi Giannitrapani (ex ad dell’Eternit di Rubiera). Ma il gip del tribunale di Reggio, su richiesta del pm, ha archiviato tutto: “Impossibile attribuire agli indagati la responsabilità per le morti delle persone offese a causa della inalazione dell’amianto per la mancanza di accertamento del nesso di causalità tra il momento della incubazione e quello della morte”, dicono i magistrati

Amianto :Sentenze

Malattie da amianto, banca condannata a risarcire un dipendente

Il lavoratore, che a 44 anni aveva contratto un mesotelioma, indennizzato con 200mila euro per aver lavorato a lungo esposto al materiale nocivo

La Corte d’Appello di Roma ha confermato la condanna nei confronti dell’Inail ad indennizzare il danno da mesotelioma pleurico subito da un uomo di 44 anni, dipendente di Banca San Paolo presso la filiale di Roma Eur, che riceverà 200mila euro di arretrati più una rendita per il resto della vita. L’ente aveva impugnato la sentenza di primo grado, negando che l’amianto potesse essere responsabile dell’insorgenza della malattia. La filiale, come sostenuto in tribunale dai legali del dipendente, era però costituita da una costruzione in amianto, bonificata solo nel 2007. 

L’impiegato ha svolto servizio dal 2000 per 14 anni presso la filiale San Paolo in Viale dell’Arte e ha respirato le fibre di amianto spruzzato anche nelle travi del soffitto” – spiega Ezio Bonanni, avvocato e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, che sottolinea – “solo dopo molti anni dall’inizio dell’attività l’amianto venne bonificato. La prova che ho reso al giudice sulla tardività dell’intervento si è rilevata decisiva, come confermato dalla Corte d’Appello. Dopo questa condanna dell’Inail inizieremo la causa contro la Banca Intesa San Paolo per il risarcimento dei danni differenziali. Purtroppo tra i dipendenti bancari vi è un’alta incidenza di casi di mesotelioma”.

Nuova sconfitta giudiziaria per i lavoratori esposti ad amianto

La Corte di Cassazione mette la parola fine alle richieste di giustizia dei lavoratori esposti ad amianto. A vederla così è l’Ona, Osservatorio nazionale amianto, che commenta la sentenza del Palazzaccio: “l paradosso è che adesso l’INPS chiede indietro ai lavoratori le somme ricevute in questi anni”

Arriva un’altra sconfitta giudiziaria per i lavoratori esposti ad amianto. Gli operai delle industrie meccaniche siciliane che in passato sono stati a stretto contatto con l’asbesto saranno costretti a rimborsare l’Inps delle somme percepite in questi anni. La Corte di Cassazione ha infatti rigettato le richieste dei lavoratori e messo la parola fine ad una vicenda giudiziaria molto lunga. I motivi della sentenza sarebbero “Cavilli, tra i tanti, con i quali si vanifica il dato concreto, costituito dalla prova dell’elevata esposizione ad amianto, senza cautele”, afferma a caldo di Ezio Bonanni, legale dei lavoratori e presidente dell’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto.

Una lunga storia processuale

Le tre fasi della vicenda giudiziaria si sono svolte in questo modo. In primo grado gli accertamenti avevano confermato l’elevata esposizione degli operai alla fibra killer, i quali avevano ottenuto il prepensionamento dall’Inps. Poi in Appello la Corte di Catania aveva ribaltato l’esito della prima sentenza, dando ragione all’Istituto nazionale della previdenza sociale. Per tutta risposta l’Ona, l’Osservatorio nazionale amianto, aveva presentato ricorso a questa sentenza. Ricorso che è stato però rigettato dalla Corte di Cassazione. Ciò mette la parola fine alle richieste di giustizia dei lavoratori esposti ad amianto. “Sono talmente amareggiato che non riesco a esprimerlo a parole, abbiamo subito un danno enorme, è un verdetto che non può essere accettato” ha infatti dichiarato Calogero Vicario, responsabile dell’Ona Sicilia.

La lotta con i polmoni pieni d’amianto

“Pensavamo che i giudici avessero umanità, mentre per un cavillo si mette in discussione il rischio di esposizione all’amianto per i lavoratori” spiega il responsabile dell’Ona Sicilia, che prosegue: “Sono amareggiato perché dal 2008 ci battiamo per i diritti dei lavoratori siciliani e per far emergere la problematica dell’amianto in Sicilia”. Come si legge dalla nota dell’Ona Calogero Vicario è uno dei più “battaglieri” degli aventi diritto ai risarcimenti, e ha spostato la causa in tutto e per tutto. “Sin dalla sentenza dall’Appello abbiamo fatto lo sciopero della fame per 100 giorni. Io stesso per protesta mi sono fatto crescere la barba per 1030 giorni e sono stato preso di petto dalle istituzioni” dichiara. Il responsabile di Ona Sicilia si dimostra anche particolarmente preoccupato per le conseguenze della sentenza della Corte di Cassazione: “Il paradosso è che adesso l’INPS ci chiede indietro le somme ricevute in questi anni. Io ho i polmoni pieni di amianto e ho pagato il prezzo più alto. Adesso servono iniziative per aiutare i lavoratori che coinvolgano la politica e per contrastare l’Inps“.

Tanti casi malattie asbesto correlate tra i lavoratori siciliani

L’Ona, nonostante la sentenza, esprime la volontà di proseguire la sua lotta contro l’amianto nelle aule dei tribunali e nelle fabbriche. Tra l’altro la regione Sicilia si dimostra tutt’altro che immune da questi problemi. Infatti è particolarmente elevato il numero di casi di malattie asbesto correlate, tra i quali mesoteliomi, tumori polmonari e asbestosi. Il settimo rapporto ReNaM dell’Inail riporta 1810 casi solo di mesotelioma dal 1992 al 2018il 5,7 per cento del totale in Italia.