Operaio muore per un tumore causato dall’esposizione all’amianto, Fincantieri condannata a risarcire la famiglia
Fincantieri è stata condannata al risarcimento di 114mila euro nei confronti dei familiari di un operaio morto nel 2019 a causa di un tumore al polmone probabilmente provocato dall’esposizione all’amianto durante gli anni di lavoro.
È morto in seguito a un tumore al polmone nell’agosto del 2019 dopo aver lavorato per anni a contatto con polveri di amianto in un cantiere ex Cnomv, all’Arsenale di Venezia e ora Fincantieri dovrà risarcire con 114mila euro i familiari dell’operaio.
A stabilirlo è stata la Corte d’Appello civile di Venezia, ribaltando la sentenza con la quale nel 2020 il tribunale di Venezia aveva decretato che il risarcimento non fosse dovuto perché non vi era prova del nesso di causa tra patologia ed esposizione all’amianto. Su ricorso del legale, i giudici di secondo grado hanno valorizzato i risultati di una consulenza medico legale che invece mostrava la diretta correlazione tra il tipo di lavoro svolto dall’operaio e il tumore che lo ha purtroppo stroncato.
Fincantieri aveva allora evidenziato tramite il suo avvocato il vizio del fumo dell’operaio, sostenendo che le sigarette potessero essere la causa del carcinoma. Infine, prima della sentenza della Corte d’Appello, Fincantieri ha chiesto che l’eventuale risarcimento fosse dimezzato in presenza di una possibile concausa esterna al lavoro.
Secondo la Corte d’Appello, però, il tabagismo non è stato dimostrato. In particolare, non emerge dai dati anamnestici dell’operaio e per questo motivo il vizio del fumo non può essere considerato incisivo nel giudizio.
Per questo motivo Fincantieri è stata condannata al risarcimento di 114mila euro nei confronti degli eredi dell’operaio. La causa è iniziata quando l’uomo era ancora in vita, seppur malato, ed è stata perseguita dopo la sua scomparsa dai familiari che hanno portato in aula la sofferenza dell’operaio nel periodo di cure ospedaliere e il disagio della perdita con la sua morte. La Corte d’Appello ha ritenuto le richieste della famiglia del defunto legittime e ha quindi chiesto il risarcimento della somma richiesta.
Operaio esposto all’amianto vince la causa contro l’Inps, ma muore prima della sentenza
L’ente è stato condannato a riconoscere i 14 anni di esposizione certificata. Previsti 800 euro mensili di pensione per la vedova
È morto all’età di 64 anni un operaio esposto all’amianto e affetto da gravi patologie. L’uomo aveva finalmente vinto la causa e ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali con condanna dell’Inps, ma è deceduto qualche giorno fa, prima di poter andare in pensione. A rendere nota la vicenda è l’Osservatorio Nazionale Amianto che sottolinea come si tratti di un “caso emblematico di ‘giustizia postuma’: troppo tempo perso in processi”.
La Corte d’Appello di Roma ha dunque accolto il ricorso presentato dall’ex operaio affetto da enfisema polmonare e broncopatia a causa dell’esposizione prolungata all’amianto, e deceduto per arresto cardiocircolatorio. L’operaio, originario di Nettuno e in servizio presso l’impianto dal 1988, ha lavorato nello stabilimento di Anzio come addetto alla manutenzione, come carrellista e, dal 2010, come manutentore in tutti i reparti. In primo grado si era visto negare dal tribunale di Velletri i benefici previdenziali, pur in presenza di una consulenza tecnica d’ufficio medico-legale che aveva confermato il nesso causale tra la malattia e l’esposizione professionale.
Esposto alla fibra killer
Nella sentenza emerge come il 64enne era stato esposto all’amianto per l’intero periodo lavorativo “in quanto manipolava materialmente e direttamente tutti i materiali in amianto, guarnizioni, valvole, piastre isolanti poste sulle linee di produzione di fabbricazione, con maneggiamento diretto delle coibentazioni e rivestimenti degli impianti, delle guarnizioni, delle valvole, delle parti isolanti dei macchinari, delle tubazioni, delle presse e dei palettizzatori”, si legge nel dispositivo.
A partire dall’inverno 2019, inoltre, nell’uomo era comparsa una chiara sintomatologia all’apparato respiratorio e si era sottoposto a esami, all’esito dei quali gli era stata riscontrata una “fibrosi polmonare diffusa, micro-noduli diffusi interparentimali, con costrizione toracica, tosse secca, enfisema e bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva ndr)”. I ricorsi amministrativi presentati rispettivamente all’Inali e all’Inps, tuttavia, non hanno però dato esito favorevole per il riconoscimento della malattia professionale e della rivalutazione contributiva.
Inps condannata
Dopo una serie di ricorsi e di battaglie legali la corte d’Appello ha ribaltato lo scenario. Nella sentenza si legge che il tribunale del lavoro di Velletri condanna l’Inps “al pagamento delle spese del primo grado del giudizio, che si liquidano in 5mila euro oltre il 15% per spese generali e accessori di legge” e condanna l’ente al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio, che si “liquidano in 3500 euro oltre il 15%” più le spese oltre al riconoscimento della “rivalutazione delle settimane di contribuzione settimane di contribuzione dal primo febbraio 1988 al 31 dicembre 2002”.
“Ora, con questa nuova pronuncia, l’Inps è stata condannata a riconoscere i 14 anni di esposizione certificata con il conseguente accredito delle maggiorazioni contributive. Una decisione che avrebbe consentito finalmente al lavoratore di accedere al pensionamento anticipato, con rivalutazione economica della prestazione”, spiega l’Osservatorio Nazionale Amianto.
Il risarcimento per la vedova
A guidare la battaglia legale è stato l’avvocato Ezio Bonanni: “Una sentenza di grande rilievo giuridico, purtroppo offuscata dalla scomparsa del lavoratore che ne avrebbe dovuto beneficiare. Il lungo iter processuale e la resistenza di Inps e Inail hanno ritardato un riconoscimento che arriva solo dopo la sua morte. L’operaio è deceduto, con ogni probabilità, a causa delle gravi conseguenze dell’esposizione all’amianto. Ora l’azione legale proseguirà in favore della vedova, che potrà ottenere un incremento della pensione – da circa 500 a 800 euro al mese – oltre alla rendita di reversibilità INAIL e al risarcimento per il danno subito”.
Bonanni, presidente dell’osservatorio per l’amianto, rilancia inoltre un appello urgente alle istituzioni: “Chiediamo, ancora una volta, la bonifica completa dei siti contaminati. Non possiamo più tollerare che si continui a morire o ad ammalarsi per colpa dell’inerzia. Ogni fibra inalata è un rischio per la vita”.
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