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Amianto:Sentenze

Malattia polmonare dopo l’esposizione alle fibre di amianto: Comune costretto a riscarcire ex operaio

Il tribunale di Chieti ha condannato il Comune di San Giovanni Teatino a risarcire la somma di oltre 14 mila euro più le spese legali “per non aver adottato alcuna misura idonea a impedire o a ridurre l’esposizione alle polveri”

n ex operaio del Comune di San Giovanni Teatino ha ottenuto un risarcimento dai danni subiti a causa dell’esposizione a fibre di amianto. Il tribunale di Chieti ha condannato infatti l’ente a risarcire la somma complessiva di 14.709,78 euro, oltre a 5.506,50 euro di spese legali, per violazione dell’art. 2087 c.c. a seguito della mancata adozione delle norme volte a tutelare l’integrità fisica del ricorrente.

A ricostruire la vicenda e a commentare la sentenza è il patronato Inca Cgil di San Giovanni Teatino, a cui il lavoratore si era rivolto.

All’ex dipendente era stata riconosciuta come malattia professionale la patologia “esiti di pachipleurite sin. trattata con decortazione” riconducibile alla esposizione alle fibre di amianto durante il periodo di lavoro in zona.

“Il Comune di San Giovanni Teatino – recita la sentenza – non ha adottato alcuna misura idonea ad impedire o a ridurre l’esposizione alle polveri contenenti fibre di amianto, non ha dotato il ricorrente di dispositivi di protezione individuale idonei a ridurre i rischi da inalazione delle suddette polveri e non ha formato il ricorrente in merito alle precauzioni da adottare per limitare i rischi da contatto con polveri contenenti fibre di amianto, pur essendo consapevole del possibile contatto del ricorrente con tali polveri estremamente nocive per la salute”.

Amianto :Discariche

Taranto, la Vittorio Veneto una bomba ecologica di amianto: indagati otto alti ufficiali

In disarmo dal 2007 è rimasta ormeggiata alla banchina e potrebbe aver prodotto danni irreversibili sulla salute dei tarantini. Respinta la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura

TARANTO – La nave Vittorio Veneto ha rappresentato una bomba ecologica da oltre 1200 chili di amianto che ora rischia di trascinare in un’inchiesta giudiziaria diversi alti ufficiali della Marina militare. È quanto emerge dal provvedimento con cui il gip Benedetto Ruberto ha disposto l’esecuzione di nuove indagini alla procura di Taranto. Sono 8 i nomi di ammiragli e alti ufficiali che secondo il giudice dovranno essere iscritti nel registro degli indagati insieme a quello dell’unico sottufficiale già coinvolto nell’inchiesta: per il gip Ruberto, inoltre, oltre all’accusa di inquinamento ambientale, la procura dovrà valutare anche l’ipotesi di disastro ambientale colposo.

La tesi, in estrema sintesi, è che la nave dopo il disarmo nel 2007, è stata ormeggiata sulla banchina Torpediniere e potrebbe aver generato danni irreversibili alla salute dei tarantini e all’ambiente marino per la dispersione delle fibre di amianto, com’è ormai noto particolarmente cancerogene: un rischio di cui secondo il giudice tutti erano a conoscenza, ma nessuno ha disposto la bonifica dell’ex ammiraglia della Marina fino l’8 giugno 2021, data della partenza verso la Turchia dov’è stata smantellata. Non solo. Secondo il magistrato non sarebbero stati presi neppure i mini accorgimenti per evitare la fuoriuscita delle fibre dallo scafo, ormai ridotto a vera e propria discarica dopo diverse incursioni di vandali che l’avrebbero letteralmente depredata: le ispezioni condotte negli anni, infatti, avrebbero accertato l’apertura di una serie di portelli di ventilazione avrebbero favorito la dispersione di materiale nocivo per la salute «anche a centinaia di metri di distanza» con una prevedibile «compromissione delle matrici ambientali, continuativamente investite». Secondo il gip Ruberto, «la posizione della nave accresceva il rischio di contaminazione: la vicinanza al centro cittadino, l’esposizione alle intemperie, l’azione corrosiva dell’acqua marina, l’accertato stato di apertura dei portelli di ventilazione e la massiccia presenza di amianto (sia all’interno che all’esterno dell’imbarcazione) erano indici sintomatici della concreta situazione di pericolo perfezionatasi ai danni della popolazione tarantina».

Amianto :Discariche

Chianni, la discarica Grillaia ha riaperto: ecco i primi tir carichi di amianto

Quasi mille giorni dopo l’ok della Regione sono iniziati i conferimenti. L’obiettivo nel breve periodo è di arrivare a 5-6 mezzi pesanti ogni 24 ore. Sono una decina i lavoratori tra operai e impiegati oltre agli addetti dell’indotto

Amianto :Esposti

Morte di un ex operaio di Ottana: esposto delle figlie, il sospetto sull’amianto

Il decesso avvenuto l’anno scorso per mesotelioma pleurico

Carlo Biagio Chironi è morto nel gennaio del 2022: aveva 74 anni, era in pensione dal 2002, e il sospetto è che il decesso sia avvenuto – come per altri suoi colleghi – a causa dell’amianto presente nello stabilimento dell’ex Enichem di Ottana.

L’uomo, negli oltre 30 anni servizio in fabbrica, è stato prima alla Anic Fibre spa nella produzione di filtri di poliestere con dei macchinari che avrebbero avuto dei cuscini in amianto, e poi alla Minitow, società di proprietà per metà delle quote del colosso Enichem.

Le figlie hanno presentato una denuncia alla Procura di Nuoro per chiedere che venga fatta chiarezza sulle cause della morte del padre, sopraggiunta per mesotelioma pleurico, come successo ad altri operai.

La consulenza tecnica chiesa dalla Procura del capoluogo barbaricino in seguito agli esposti dell’associazione Aiea aveva accertato il decesso per asbestosi di alcuni lavoratori in relazione all’amianto, iscrivendo nel registro degli indagati otto dirigenti, responsabili a vario titolo dei procedimenti produttivi della fabbrica di Ottana, con l’ipotesi di omicidio colposo.

27 Dicembre 2022

Bollate, operaio 52enne morto sul lavoro: stritolato nel compattatore di auto da demolire

Un operaio di 52 anni è morto in un incidente sul lavoro all’interno della ditta Riam di Bollate, nell’hinterland nord di Milano. L’azienda si occupa della frantumazione di auto usate edi recupero di rifiuti metallici. L’incidente è avvenuto poco prima delle 8 in un macchinario compattatore che serve per schiacciare le carcasse di auto.  La vittima si chiamava Hamd Yoisri, viveva a Bollate ed era padre di 3 figli. 

Secondo le prime informazioni l’uomo, di origini egiziane, sarebbe rimasto  intrappolato all’interno del compattatore di veicoli durante alcune operazioni di manutenzione. Poi il macchinario è entrato in funzione e lo ha stritolato. Sul posto diversi mezzi dei vigili del fuoco, un’ambulanza e un’automedica del 118. I soccorritori non hanno potuto far altro che constatare il decesso della vittima

Ora saranno i tecnici dell’Ats che si occupano di infortuni sul lavoro e gli investigatori della polizia locale a chiarire le cause esatte dell’infortunio mortale. L’azienda si trova in via San Nicola e nelle prossime ore il macchinario interessato sarà messo sotto sequestro.

Esposti all’amianto

Esposti all’amianto e poi licenziati: la protesta degli ex Montefibre

Da 18 anni inseriti nei percorsi di formazione della Regione senza alcun risultato. Per anni hanno lavorato a contatto con materiale cancerogeni, ma lo Stato non lo riconosce

Cambia il Governo, ma la musica è la stessa. Gli ex lavoratori Montefibre sono tornati a protestare davanti alla prefettura di Napoli. La loro è una vertenza che dura da 18 anni, da quando sono stati cacciati via dalla Montefibre e hanno vagato in vari programmi di formazione regionale senza mai essere reinseriti in alcun processo produttivo. Come se non bastasse, negli ultimi tempi hano scoperto di essere stati esposti all’amianto. Una condizione che li rende soggetti fragili, anche se lo Stato non gli ha mai riconosciuto alcuna indennità.

Tutte le interlocuzioni con il Governo Draghi si sono interrotte in estate, quando è partita la campagna elettorale. “Noi portiamo avanti la nostra battaglia su due fronti. – spiega Aldo Barbati, uno degli ex operai – Da un lato chiediamo alla Regione di sostenere gli ammortizzatori sociali che finora ci hanno tenuto in vita. La Regione dice che vuole formarci per lavorare e noi siamo contenti. Va tenuto conto, però, che abbiamo una media di 57 anni. Vorremmo anche delle tutele, perché a differenza di altre regioni, se in Campania esci dalla mobilità non puoi più rientrarci. E se un’azienda ci licenzia dopo sei mesi noi come sopravviviamo?”.

L’altro aspetto della vertenza è il rinoscimento della malattia professionale: “Su questo punto viviamo un paradosso – prosegue Barbati – L’Asl ci riconosce soggetti a rischio perché tutti noi abbiamo tracce di amianto nei polmoni e potremmo ammalarci in qualsiasi momento. Periodicamente dobbiamo sottoporci a controlli. Allo stesso tempo, però, lo Stato non ci riconosce la malattia professionale, né un indinnizzo per l’esposizione all’amianto”. Gli ex Montefibre vorrebbero incontrare il nuovo Governo a Roma, ma nessun sindacato ha voluto prendere in carico la vertenza.

Amianto:A teatro con Bebo Storti


A TEATRO

Bebo Storti avvia un confronto aperto sul tema dell’amianto

Porte aperte a Gavi per lo studio dello spettacolo “Non sentirai niente”


A TEATRO

Bebo Storti avvia un confronto aperto sul tema dell’amianto

Porte aperte a Gavi per lo studio dello spettacolo “Non sentirai niente”

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Bebo Storti

GAVI — La stagione del Teatro della Juta si apre con un regalo, un appuntamento gratuito dedicato al suo pubblico: si tratta di uno studio del nuovo spettacolo con Bebo Storti, ‘Non sentirai niente‘, un confronto aperto sul tema dell’amianto. Al Teatro Civico di Gavi una serata informale per raccogliere spunti e “assaggiare” in anteprima la nuova produzione, mentre è ancora in fase di studio.

Inseguito da un paio d’anni, stoppato dalla pandemia, questo spettacolo è quasi giunto in dirittura d’arrivo, ma il protagonista/regista Bebo Storti vuole ancora affinare la drammaturgia, parlando soprattutto con chi, in zona, conosce bene il problema, in un territorio martoriato da Terzo Valico e inquinamento da amianto.

Il dialogo semiserio con il Signor Morte parte all’inizio e si snoda fino alla fine dello spettacolo, sollevando questioni e scatenando riflessioni. ‘Non sentirai niente’ è la storia dell’amianto, cominciata all’inizio del ‘900 ma già figlia dei tempi antichi. Ne parlavano i narratori da martirologio, narrando di santi e di miracoli. Nei tempi moderni, dalla metà dell’Ottocento, in Inghilterra, nel regno dei Savoia. Si parlava di pericoli per i lavoratori. Fino ad arrivare al fascismo e al primo
dopoguerra. Il boom economico e gli anni Sessanta hanno poi incrementato l’uso dell’amianto. E i morti sono aumentati, 4.000/6.000 all’anno.

L’amianto ha generato una guerra civile: proprietari di aziende contro operai e lavoratori, le famiglie e i figli, le mogli e i mariti. Le storie sono quelle della gente delle fabbriche, degli avvocati pagati dai “padroni del vapore” della neve ad agosto. Storie di incurie delittuose, fatte di paura ma anche di ironia quando non di comicità. Sembra impossibile ma la gente sa ridere dei propri dolori. Mentre altri intanto contano i soldi…