Archivi categoria: Senza categoria

AMIANTO ASSASSINO

La Spezia, addio al maresciallo Tommaso Mannucci: un’altra vittima dell’amianto

La ragione dei numerosi casi spezzini di asbestosi e mesotelioma pleurico risiede nel lavoro. Sia nel comparto civile che nel militare

La Spezia – «Con profondo dolore, salutiamo anche il maresciallo elettricista Tommaso Mannucci. È la nostra ennesima vittima dell’amianto. È l’ennesima vittima innocente di una tragedia ignorata colpevolmente per anni. E ancora oggi sottovalutata da molti».

Pietro Serarcangeli, fondatore e presidente dell’associazione spezzina Afea, ancora una volta è stato costretto a salutare un associato che non c’è più.

Amianto, ex operaio Isochimica denuncia: “Ancora un morto ma noi soli”

Carlo Sessa, ex operaio dell’Isochimica di Avellino denuncia lo stallo “politico e istituzionale” sui risarcimenti agli ex scoibentatori di amianto dell’azienda, stabiliti nella sentenza di primo grado del processo che ha condannato a dieci anni di reclusione i responsabili della sicurezza della fabbrica e di due ex funzionari di Ferrovie dello Stato

“Ancora più soli e ancora senza giustizia”. Carlo Sessa, ex operaio dell’Isochimica di Avellino denuncia lo stallo “politico e istituzionale” sui risarcimenti agli ex scoibentatori di amianto dell’azienda, stabiliti nella sentenza di primo grado del processo che ha condannato a dieci anni di reclusione i responsabili della sicurezza della fabbrica di Borgo ferrovia e di due ex funzionari di Ferrovie

L’Isochimica uccide ancora. “Addio a Giovanni ennesima vittima dell’amianto”

Avellino, la fabbrica killer e le vittime dell’amianto

“Isochimica, fabbrica killer, miete l’ennesima vittima”, afferma Tony Della Pia, del Partito di Rifondazione Comunista.

“Un altro padre di famiglia che lascia i suoi affetti perché colpito da mesotelioma pleurico, diretta conseguenza dell’esposizione all’amianto. La sentenza di primo grado ha parzialmente sancito cause e responsabilità, tuttavia gli ex lavoratori e le loro famiglie, dopo circa quaranta anni di denunce e lotte attendono ancora il dovuto risarcimento per i danni subiti. In un certo senso è immorale costringerli a intraprendere ulteriori iter giudiziari, anche in sede civile, per ottenere un minimo di giustizia che sicuramente non riconsegnerà le vite spezzate e neanche la salute per sempre compromessa. Condoglianze agli amici e alla famiglia di Giovanni”, conclude. 

Amianto:Cantieri navali Monfalcone

Amianto, verso l’ok al nuovo processo per altri 89 morti e due malati in 8 anni

La Procura riunisce 91 casi di mesoteliomi e neoplasie che riguardano il periodo tra il 2012 e il 2020. Avviso di conclusione indagini notificata soltanto a due degli ex dirigenti del cantiere ancora in vita

GORIZIA La Procura di Gorizia ha concluso le indagini preliminari in relazione a 91 casi complessivi di decessi e malattie correlate ad esposizione professionale all’amianto, nell’ambito del cantiere navale di Monfalcone. In particolare sono 89 persone offese, ex lavoratori deceduti, nel periodo tra il 2012 e il 2020 per mesoteliomi e neoplasie polmonari, e due casi di lesioni personali, mesoteliomi, in persone ancora in vita.

Amianto e F.S.

“Dolore atroce battaglia contro Fs e Ministero”

Mio marito mi raccontava che al lavoro gli facevano maneggiare l’amianto a mani nude, senza alcuna protezione. È rimasto esposto per trent’anni, e lo scorso 23 febbraio è morto per mesotelioma pleurico dopo tre anni di sofferenza”. Rita Vaghi sta portando avanti una battaglia legale davanti al Tribunale civile, con due richieste di risarcimento danni parallele a Milano e Roma nei confronti del ministero della Difesa e di Ferrovie dello Stato. La prima esposizione all’amianto del marito, Francesco Maria Cairo, risale infatti all’epoca del servizio militare nella caserma di Capo Teulada in Sardegna. Poi i contatti con la sostanza cancerogena sono proseguiti durante i decenni di lavoro nelle ferrovie, fra Torino e Milano.

“È entrato come operaio e poi è stato inserito a Torino come tornitore – spiega Rita Vaghi – si occupava della manutenzione dei vagoni e in quel periodo, ogni giorno, era a contatto con l’amianto. L’azienda non gli forniva alcun dispositivo di protezione”. Francesco Maria Cairo ha trascorso gli ultimi anni di lavoro alla stazione Centrale di Milano, nel reparto verifiche. Aveva 70 anni, si stava godendo la pensione a Segrate con la famiglia, quando gli è stato diagnosticato il mesotelioma pleurico, un tumore maligno alla membrana che riveste i polmoni, provocato dalla ripetuta esposizione all’amianto. “Mio marito è stato curato all’ospedale San Raffaele – prosegue la donna – ma le sue condizioni sono continuamente peggiorate fino a Natale, quando io e mio figlio non riuscivamo più neanche a spostarlo dal divano al letto. Il 23 febbraio è morto”. La speranza è ora riposta nella giustizia, mentre stanno muovendo i primi passi le cause contro ministero della Difesa e Fs promosse dal legale dell’Ona, l’avvocato Marika Marcantonio.

Bonifica alla Fibronit di Broni

Broni, oltre mille morti d’amianto dal 1990 “Chi ha sorvegliato sulla bonifica?”

Dopo il mega sequestro all’ex Fibronit, paura e dubbi rimbalzano tra i parenti delle vittime e sui social

Broni (pavia) –  Tante storiedrammatiche, quasi tutte concluse da necrologi. Almeno un migliaio dal 1990, ma il numero non è certo né certificato, e poi ci sono le morti registrate in altro modo. Una lunga scia di lutti. Come quello che ricorda Haxhiu, albanese rimasta vedova nel 2014 quando il marito, 59enne, è morto d’amianto, lasciando orfane due bambine di 4 e 12 anni: “È stata riconosciuta la malattia professionale, ma alle mie figlie nessuno può restituire il papà che ha avuto l’unica colpa di lavorare in Fibronit e poi in Cementifera. Noi continuiamo ad abitare a Broni. Non posso abbandonare la casa e tutto quello che, con grandi sacrifici, abbiamo acquistato io e mio marito. Certamente il rammarico per quanto sta accadendo è enorme. Chi ha fatto i controlli sulla bonifica?“.

Un dubbio che rimbalza, con sempre maggior frequenza, in queste ore, sui social. Fra troppe vicende di malattia che non perdona e di morti, con casi incredibili che hanno colpito persone mai venute a contatto per lavoro con l’amianto, c’è anche chi invece sta lottando per sconfiggere o almeno neutralizzare il male. Come un ex ruspista di Santa Maria della Versa, malato dal 2018 e, dopo 4 anni, ancora in discrete condizioni. Lo racconta il figlio Giovanni, manager di una multinazionale, che ha deciso di creare anche un sito per condividere questa esperienza: “Mio padre lavorava nel campo delle demolizioni, recuperando macerie di manufatti di amianto particolarmente adatti per fare i fondi dei piazzali. Nel luglio 2018, a 70 anni, gli venne diagnosticato il mesotelioma”. Oggi è da ritenersi tra i malati più longevi: “Una ventina di casi con cui siamo venuti a contatto, purtroppo, dopo due anni, sono deceduti”.

Amianto:bonifiche

Amianto: GdF Pavia sequestra 140mila mq di ex fabbrica

Indagati amministratori e responsabili dei lavori di bonifica

ANSA) – PAVIA, 26 MAG – Il nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di di Finanza di Pavia ha eseguito stamani il sequestro probatorio di un’area di circa 140mila metri quadrati dell’ex Fibronit di Broni (Pavia).

Si tratta di uno dei siti di interesse nazionale, che rappresentano aree contaminate di particolare estensione classificate come pericolose e che necessitano di interventi di bonifica del suolo, del sottosuolo e delle acque superficiali e sotterranee per evitare danni ambientali e sanitari.

Broni (Pavia) – Non solo il problema non sarebbe stato risolto, ma anzi aggravato. Le pur pesanti contestazioni di frode nelle pubbliche forniture e truffa aggravata per ottenere soldi pubblici, sembrano quasi nulla rispetto alle ipotesi di inquinamento ambientale legato ad esposizione all’amianto. Soprattutto in un territorio già provato da decenni di lutti.

Da ieri mattina sono sotto sequestro i 140mila metri quadrati della Fibronit a Broni, la fabbrica di morte chiusa dal 1994 con la messa al bando del pericoloso materiale. Un sequestro probatorio, “necessario – spiega il comunicato della Procura di Pavia – per svolgere accertamenti tecnici volti a riscontrare le ipotesi di indagine, con particolare riferimento all’attuale presenza di sostanze nocive”. Le indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza di Pavia riguardano infatti i lavori del secondo lotto della bonifica dell’area. “I lavori – spiega ancora la Procura – consistevano nel completamento dello smaltimento dei manufatti-tubazioni collocati sui piazzali esterni dello stabilimento, della bonifica dell’interno dei capannoni contaminati da amianto e della rimozione e smaltimento di tutte le lastre di copertura e tamponamento degli edifici dell’area”.

Amianto all’ex Amga, bonifica al via “Ma il Comune non ci ha informati”

Oggi, domani e lunedì i lavori. Raccomandazioni: tenere le finestre chiuse e non stendere i panni. Gli abitanti della zona lamentano però la scarsa pubblicità data all’operazione sull’area

Pesaro, 24 maggio 2022 – “Pronti a partire con la rimozione dell’amianto nell’area dell’Ex Amga“. A comunicarlo è l’assessore all’Ambiente Heidi Morotti, che spiega: “si partirà mercoledì 25 maggio, con gli scavi e l’incapsulamento delle zolle contenenti frammenti di amianto, che verranno poi riposte nella cabina di contenimento, all’interno di ‘big bags’, in attesa di essere trasportati negli appositi impianti di smaltimento. Il tutto nel massimo della sicurezza, per i residenti e per l’ambiente”. Gli interventi proseguiranno anche giovedì 26 e lunedì 30 maggio.

“Abbiamo concordato il piano di lavoro con Asur, nel rispetto delle norme vigenti. Tutti i residenti prospicenti al cantiere dell’ex Amga sono stati avvisati con 48 ore di anticipo, così come da procedure, tramite avvisi porta a porta. Ricordiamo che tutto il procedimento verrà svolto nella massima sicurezza, raccomandiamo comunque la massima collaborazione evitando stendere biancheria all’aperto, non sostare entro un raggio di 10metri dall’area di scavo e di tenere le porte e finestre chiuse“.  

Discariche di amianto

CRONACAPOGGIOREALE

Beccati a scaricare più di 300 chili di amianto: la scoperta a pochi passi dall’ex campo Rom

La Polizia Municipale ha sequestrato rifiuti e mezzo

La Polizia Locale di Napoli ha colto in flagranza di reato due operai mentre, in via del Riposo, erano intenti ad abbandonare al suolo oltre 300 kg di lastre d’amianto. Nella tarda giornata di ieri una pattuglia, mentre si trovava in osservazione del territorio nella zona adiacente il campo rom di via del Riposo, ha notato una autovettura Fiat Punto dalla quale due persone stavano scaricando le lastre e altri detriti d’amianto, ponendoli ai bordi della carreggiata.

Gli agenti, fatta sospendere l’operazione di scarico e adottate le prime misure di sicurezza sia personali che per i fermati, procedevano all’identificazione dei due operai di 33 e 38 anni. Si è provveduto, per i due soggetti, ad inviare la denuncia all’autorità giudiziaria per trasporto e abbandono illecito di rifiuti e a sottoporre la vettura a sequestro affidandolo, a spese del proprietario, ad una ditta privata. 

non risarciti

Dramma ex Montefibre: senza soldi e malati di amianto

Sono 150 gli ex lavoratori dell’azienda che sono in mobilità da 18 anni e che hanno scoperto gli effetti dell’esposizione al materiale tossico

Diciotto anni in mobilità, diciotto anni di promesse mai mantenute. I 150 ex lavoratori Montefibre, che chiuse i battenti nel 2004, passando da un ammortizzatore sociale all’altro, con lunghi periodi senza alcune entrata economica. Il reinserimento non c’è mai stato, i corsi di formazione nemmeno. Ma adesso, si trovano ad affrontare un nemico ancora più pericoloso. 

Da alcuni mesi, infatti, queste persone hanno scoperto gli effetti dei tanti anni trascorsi a lavorare in ambienti pieni di amianto. “Non siamo ancora di fronte a malattie tumorali – spiega Paolo Fierro di Medicina democratica – ma ci sono i segni delle infiammazioni in diversi lavoratori della Montefibre. Il contatto con questo materiale può portare conseguenze anche molti anni dopo. E’ stato difficile convincere le autorità a dare a queste persone ciò che gli spetta, cioé il monitoraggio. E per quest ritardo delle istituzioni non possono andare neanche in pensione prima, cosa di cui avrebbero diritto”. 

Gli operai hanno manifestato ancora una volta davanti alla Prefettura di Napoli.

Amianto in discarica

CREMA. IL CASO

CRONACA

«Amianto e rifiuti interrati. Bomba ecologica nell’ex cava Alberti»

11 MAGGIO 2022 – 05:25«Amianto e rifiuti interrati. Bomba ecologica nell'ex cava Alberti»

Una veduta dall’alto della ex cava Alberti

CREMA – Firmato il preliminare di acquisto da parte del Parco del Serio, arrivano al pettine i primi nodi nell’area della ex cava Alberti a Santa Maria.

Rifiuti solidi urbani, fusti contenenti sostanze non identificate e amianto. Questo, secondo l’esposto presentato nei giorni scorsi alla stazione carabinieri forestali da Ettore Aschedamini, 61enne residente a Pianengo, conterrebbe l’area, che di recente è stata aggiudicata all’asta ad un privato, che ha concordato di cederne circa il 90% al Parco.

In tre ore e mezza di deposizione, Aschedamini ha raccontato ai carabinieri quanto di sua conoscenza, relativamente a questa zona naturalistica posta lungo il fiume Serio: 40 ettari complessivi contenenti due laghetti dai quali veniva estratta la ghiaia. Su una porzione rilevante, come detto, c’è l’interesse del Parco del Serio, che nelle scorse settimane ne ha deliberato l’acquisto, attraverso l’assemblea dei sindaci, e entro fine giugno andrà al rogito.

«La ex cava Alberti — afferma Aschedamini — è stata pubblicizzata come un sito di enorme interesse naturalistico. Non è così. Nel 2009, mi sono interessato per realizzare un campo da golf su mandato di una società. Lo studio di fattibilità era stato eseguito da un’impresa tedesca, della quale conservo la relazione. Furono fatti rilievi, analisi del terreno e dell’acqua, sopralluoghi con un drone, che avevano portato alla luce la presenza di rifiuti di vario genere. Il risultato era stato che per bonificare quell’area sarebbero serviti 1,5 milioni di euro».

Il campo da golf dunque non si fece. «Per due motivi — prosegue Aschedamini —: gli elevati costi di bonifica e la contrarietà dell’amministrazione comunale». Nell’esposto, il racconto sullo stato dei luoghi risulta dettagliato, ancorché da verificare sul campo. «Sotto uno strato di 30-40 centimetri di terra, ci sono dai sette ai dieci metri di rifiuti solidi urbani. Quando piove, non essendo lo strato impermeabilizzato, l’acqua va a contaminare la falda sotterranea ed i confinanti laghetti artificiali della ex cava».

Ma non è tutto. «Davanti a uno dei due laghetti — aggiunge Aschedamini — ci sono 25 mila metri cubi di terra che, prima del fallimento della ditta Alberti, sarebbero dovuti servire per aumentare lo strato di copertura de rifiuti che, a differenza di quanto avviene oggi, non sono compattati. Dico inoltre che a nord della ex cava Alberti esiste un’altra discarica».

Dopo aver presentato l’esposto, Aschedamini si è mosso anche in altre sedi. «Ho contattato gli assessorati regionali all’Ambiente e all’Agricoltura, per metterli al corrente della situazione. Sulla base della mia segnalazione verranno fatte delle verifiche: carotaggi del terreno e indagini sull’acqua dei laghetti. Spero che il Parco del Serio non voglia acquistare quest’area senza un progetto di bonifica».