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Amianto

Walter e Lorenzo morti a pochi giorni di distanza: “Altri lavoratori Ogr uccisi dall’amianto”

Combattevano contro la stessa malattia, quella che ha colpito diversi operai delle Officine grandi riparazioni di Bologna. Tattini poco prima di morire ai nostri microfoni raccontava: “Pensavo di essermela cavata, ma il male è arrivato anche qui”

Lo scorso 30 maggio è morto Lorenzo Bassi, 79 anni, dal 1969 al 1977 operario delle Officine grandi riparazioni (Ogr) di Bologna. Bassi, in quegli anni, ha respirato le fibre di amianto che probabilmente sono la causa del mesotelioma che gli ha causato la morte. Solamente pochi giorni prima, il 20 maggio, era morto anche Walter Tattini, che a Dossier aveva raccontato la sua storia personale e quella delle Ogr.

“La vicenda di Lorenzo, assieme a quella di Walter Tattini e Bruno Fantoni, fanno anche del 2025 un anno doloroso per tutta la comunità delle Officine grandi riparazioni di Bologna – scrive sul proprio sito l’Associazione familiari e vittime dell’amianto dell’Emilia Romagna -. Vicende che si sommano al tragico stillicidio di centinaia di vittime del lavoro e dell’amianto, e tengono aperta una ferita che richiede ancora il massimo impegno dell’associazione, ma anche delle istituzioni, nella ricerca di cure efficaci, e di pratiche di prevenzione per evitare le future e possibili esposizioni all’amianto”.

Nell’inchiesta di Dossier, curata da Beppe Facchini, veniva ripercorsa la storia di quei 120mila metri quadri di via Casarini. Nell’archivio di Salvatore Fais, lamieraio nel quinto reparto delle Ogr di Bologna dal 1986 al 2015, sono riportati meticolosamente i nomi e le foto degli oltre 370 colleghi deceduti, nel corso degli anni, a causa di tumori riconducibili all’esposizione all’amianto. Molti di questi sono morti in seguito alle diagnosi di mesotelioma, la stessa malattia che ha colpito Bassi e Tattini.

L’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul lavoro ha pubblicato il periodico mensile che per questo mese riporta un analisi sul rulo del Responsabile rischio amianto

Cosa tratta?

Secondo stime attendibili, in Italia sono ancora presenti circa 2,5 miliardi di metri quadrati di coperture in fibrocemento all’interno del patrimonio edilizio residenziale, pubblico, commerciale, produttivo e infrastrutturale. Questo equivale a circa 32 milioni di tonnellate di cemento-amianto, a cui si aggiunge una quantità non quantificata di amianto friabile, la cui pericolosità è ancora maggiore.

La legge 257 del 1992 ha sancito la cessazione dell’uso dell’amianto in Italia, vietandone l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la commercializzazione e la produzione. Tuttavia, non ha previsto misure specifiche per la rimozione dell’amianto già presente negli edifici e negli impianti.

Questo vuoto normativo ha determinato la permanenza di una quantità significativa di Materiali Contenenti Amianto (MCA) ancora in opera. Da qui nasce l’esigenza di affrontare il problema in modo sistematico, sia per tutelare la salute e la sicurezza delle persone, lavoratori e cittadini, sia per salvaguardare l’ambiente. Ciò implica interventi di monitoraggio, manutenzione, bonifica e smaltimento sicuro dei materiali contaminati.

l proprietario dell’immobile e/o il responsabile dell’attività che vi si svolge è il soggetto sul quale ricade l’obbligo di provvedere alla gestione nel tempo degli MCA, inoltre ha il compito di nominare un “responsabile con compiti di controllo e coordinamento di tutte le attività manutentive che possono interessare i materiali di amianto”.

Questa nuova figura, comunemente conosciuta come Responsabile del Rischio Amianto (RRA), affianca il proprietario/responsabile nel:

  • verificare la presenza e l’ubicazione esatta degli MCA;
  • redigere il piano di controllo e manutenzione sugli MCA;
  • tenere idonea documentazione sull’ubicazione degli MCA;
  • garantire il rispetto delle misure di sicurezza (per attività di pulizia, interventi di manutenzione e per ogni evento che possa causare un disturbo degli MCA);
  • fornire agli occupanti dell’edificio una corretta informazione sulla presenza di amianto, sui potenziali rischi e sui comportamenti da adottare.

Egli, inoltre, collabora con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, fornendo tutte le informazioni e i dati necessari a permettere una corretta valutazione dei rischi, e monitora periodicamente lo stato di conservazione degli MCA, per identificare tempestivamente eventuali deterioramenti, documentando regolarmente le condizioni dei materiali.

Nonostante l’ampiezza del campo d’azione e al di là della sua denominazione ufficiale, la normativa vigente non definisce in modo chiaro le responsabilità, i compiti e i limiti operativi dell’RRA. Inoltre, mancano indicazioni precise sui requisiti professionali necessari per ricoprire tale ruolo, lasciando spazio a interpretazioni e incertezze applicative.

Solo recentemente grazie alla normazione tecnica queste lacune sono state colmate, con la pubblicazione della prassi di riferimento UNI/PdR 152-2:2023, essa, non si limita a definirne compiti ma approfondisce i contenuti indicando anche le attività che l’RRA svolge per adempiere ai suoi compiti.

La figura del Responsabile del Rischio Amianto rappresenta un nodo cruciale nella gestione della sicurezza ambientale e sanitaria nei contesti in cui l’amianto è ancora presente. Le sue responsabilità spaziano dal monitoraggio dei materiali contenenti amianto alla pianificazione degli interventi di manutenzione, bonifica e smaltimento, fino alla comunicazione dei rischi a lavoratori e cittadini.

Per svolgere efficacemente questo ruolo, l’RRA deve possedere competenze tecniche specifiche in ambito ambientale, normativo e sanitario, oltre a capacità organizzative e gestionali. Tuttavia, la mancanza di un inquadramento normativo chiaro rischia di limitarne l’efficacia.

Riconoscere formalmente le sue funzioni e definire standard formativi adeguati è un passo necessario per garantire una gestione sicura, trasparente e competente del rischio amianto, a tutela della salute pubblica e dell’ambiente.

10 Giugno

Incidente: si ribalta in strada con il trattore, morto un uomo di 69 anni

Estratto dai vigili del fuoco, nulla da fare per i medici

Un mezzo agricolo si è ribaltato questa mattina nei pressi della strada regionale 2, nel comune di Barberino Tavarnelle. Alla guida c’era un uomo che è rimasto schiacciato sotto il mezzo. Sul posto, intorno alle 9:20, sono intervenuti i vigili del fuoco, che hanno alzato il trattore ed estratto l’uomo: lo hanno consegnato ai sanitari accorsi, ma purtroppo era già deceduto. Da accertare le dinamiche di quanto accaduto. Dalle prime notizie trapelata sembrava si trattasse di un incidente sul lavoro, invece si è appurati che l’uomo guidava il mezzo per passione. 

Chi era l’uomo alla guida del trattore

La vittima si chiamava Sandro Mugnaini, padre di tre figli. Uno dei suoi figli è un ristoratore di Barberino Val d’Elsa. Aveva una passione per la caccia così come per l’agricoltura. Durante il tempo libero, infatti, guidava il trattore e si dedicava ai campi. Il sessantanovenne era in pensione e proprio mentre guidava il mezzo ha preso male una curva di via della Repubblica, a pochi metri dall’hotel Primavera nei pressi della località San Filippo, e si è ribaltato. 

Solo nei primi tre mesi del 2025 l’INAIL ha registrato 96.944 denunce di infortuni sul lavoro, di cui 146 con esito mortale, a cui si aggiungono 59 morti in itinere, con un aumento del 51 per cento rispetto all’anno precedente.

Si ribalta il trattore, muore un uomo di 69 anni

BENEVENTO, 10 GIU – Un uomo di 69 anni è morto per le gravi ferite riportate in seguito al ribaltamento del trattore di cui era alla guida.

Si ribalta con il trattorino mentre taglia l’erba: morto

Tragedia a Tolentino: l’uomo e il mezzo sono precipitati in una piccola scarpata, finendo sulla strada sottostante. Per il sessantenne non c’è stato scampo

Tolentino (Macerata), 10 giugno 2025 – Un’altra tragedia a Tolentino. Questa mattina, intorno alle 10, in contrada Pianciano, un uomo di 60 anni stava tagliando l’erba con un trattorino nel campo di sua proprietà quando all’improvviso è caduto.

Il campo si trova in una posizione sopraelevata rispetto alla strada (circa 3-4 metri sopra). Il sessantenne col trattore, dalle prime ricostruzioni, sarebbe caduto da questa scarpata finendo sulla strada. Ed è rimasto schiacciato sotto al trattore. Un urto violentissimo che purtroppo non ha lasciato scampo.

Amianto : Cronache

Fibre sostitutive dell’amianto: nuove evidenze INAIL sui potenziali rischi per la salute nei luoghi di lavoro

Il Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale dell’INAIL (Dimeila) ha recentemente pubblicato una scheda informativa che riassume le nuove evidenze emerse da studi in vitro sugli effetti tossici delle fibre artificiali vetrose (FAV) di nuova generazione e delle fibre policristalline (PCW), utilizzate come alternative all’amianto.

Di cosa tratta:

L’amianto, bandito in Italia con la Legge n. 257/1992, era largamente impiegato per la sua resistenza al calore e le proprietà isolanti. La sua pericolosità, tanto da essere classificato come “certamente cancerogeno per l’uomo” (Gruppo 1 – IARC), è legata alla biopersistenza delle fibre respirabili che, una volta inalate, possono provocare asbestosi, mesotelioma e tumori polmonari. La sostituzione dell’amianto ha portato allo sviluppo di fibre alternative, in particolare:

  • Fibre Artificiali Vetrose (FAV): include le lane minerali classiche e quelle di nuova generazione (AES – silicati alcalino-terrosi e HT – lane ad alto contenuto di allumina e basso contenuto di silice);
  • Fibre policristalline (PCW): materiali composti da una struttura cristallina con un’eccellente resistenza termica.

Queste fibre sono state progettate per avere maggiore biosolubilità e minor permanenza nei tessuti polmonari, riducendo il rischio rispetto all’amianto.

Il Dimeila ha condotto due studi in vitro su cellule polmonari umane, comparando gli effetti di PCW, FAV AES1 (alta percentuale di MgO), FAV AES2 (alta percentuale di CaO) con quelli delle fibre ceramiche refrattarie (FCR), già note per la loro tossicità.

Il Dimeila ha condotto due studi in vitro su cellule polmonari umane, comparando gli effetti di PCW, FAV AES1 (alta percentuale di MgO), FAV AES2 (alta percentuale di CaO) con quelli delle fibre ceramiche refrattarie (FCR), già note per la loro tossicità.

I risultati suggeriscono che, sebbene considerate finora più sicure, alcune di queste fibre possono comunque indurre effetti avversi sulle cellule polmonari umane:

  • Le PCW inducono danno ossidativo al DNA (test Fpg-comet) e rilascio di interleuchine pro-infiammatorie (IL-6), seppur in misura inferiore alle FCR.
  • Le AES, pur essendo fibre biosolubili, hanno comunque mostrato effetti citotossici, genotossici e infiammatori, variabili a seconda della composizione chimica e del terreno di coltura.

Le differenze di tossicità sono legate a forma, dimensione, composizione chimica e biopersistenza delle fibre.

Anche se meno pericolose dell’amianto, le fibre sostitutive non sono quindi prive di rischio. I risultati sollevano interrogativi sulla reale sicurezza di materiali oggi considerati “a basso rischio”, evidenziando la necessità di:

  • Monitoraggio ambientale nei luoghi dove si impiegano fibre AES o PCW;
  • Adozione di DPI idonei per le vie respiratorie;
  • Ventilazione adeguata degli ambienti di lavoro e smaltimento controllato;
  • Introduzione di biomarcatori precoci per identificare gli effetti dell’esposizione.

L’esposizione:

I lavoratori potenzialmente esposti alle fibre sostitutive dell’amianto appartengono principalmente al settore delle costruzioni o in generale nelle attività edilizie come manutenzione o rimozione di manufatti, ma anche persone che lavorano in edifici sottoposti a manutenzione o ristrutturazione.

Le vie respiratorie rappresentano la più comune via di esposizione, ma questa può avvenire anche per contatto con cutaneo o attraverso gli occhi.

Conclusioni:

Gli autori sottolineano l’importanza di ulteriori ricerche con studi più approfonditi sia in vitro che su lavoratori esposti. La valutazione tossicologica delle fibre “alternative” è ancora incompleta: è necessario aggiornare costantemente la classificazione del rischio in base alle evidenze scientifiche più recenti e adottare misure di prevenzione e protezione come l’utilizzo di APVR, il monitoraggio dell’aria e la gestione dei materiali durante le lavorazioni.

Ansia e amianto, la diagnosi non arriva ma la paura consuma

Si parla spesso, giustamente, dell’importanza della psicoterapia per chi è affetto da una malattia amianto correlata.
Oggi focalizziamo l’attenzione verso coloro che non hanno sviluppato una patologia ma che potrebbero, potenzialmente, esserne affetti in futuro.
Chi ha avuto contatti con materiali contaminati, pur senza una diagnosi, vive spesso in uno stato di costante tensione psicologica.

Esposizione all’amianto e salute mentale: l’incertezza che diventa stress cronico

Non serve una diagnosi per sentirsi malati. Per molte persone che in passato hanno lavorato a contatto con l’amianto, o vissuto in ambienti contaminati, il solo sospetto di essere a rischio basta a generare una condizione di terribile stress continuo. La paura che una patologia possa manifestarsi da un momento all’altro pesa come una condanna invisibile.

“È come vivere in attesa di una sentenza che non arriva mai, ma che temi da tempo”, raccontano in tanti.
È un disagio profondo: insonnia, difficoltà a concentrarsi, allarme costante per ogni piccolo sintomo. La mente reagisce come se la malattia fosse già presente.

Bonanni (ONA): “Venga garantita sorveglianza e supporto psicologico”

Ezio Bonanni, avvocato e presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, da anni evidenzia  le carenze nel sistema di prevenzione e assistenza ai soggetti esposti: “Il solo fatto di essere stati esposti all’amianto è causa di preoccupazione e sofferenza. Sarebbe opportuno garantire sostegno psicologico a tutti, non solo a chi ha già ricevuto una diagnosi”.

Bonanni insiste sulla necessità di un’azione più decisa da parte delle istituzioni: “E’ necessario porre l’attenzione non solo sul riconoscimento delle malattie, ma anche nella tutela preventiva, inclusa quella psicologica. Non possiamo abbandonare chi vive con questa angoscia: il diritto alla salute comprende anche la salute psichica”.

Una lunga attesa fatta di controlli e terrore

Le patologie asbesto-correlate come il mesotelioma, possono emergere anche a distanza di 20, 30 o 40 anni dall’esposizione. Questo dato scientifico, ormai noto, non fa che aumentare il senso di precarietà tra gli ex esposti. Ogni visita di controllo può trasformarsi in un momento di panico, ogni referto in una possibile condanna.

La sensazione di essere “malati in potenza” finisce per trasformarsi in disagio reale, che incide su vita lavorativa, relazioni personali, e salutee mentale.

L’urgenza di un riconoscimento anche per la sofferenza impalpabile

“Serve una presa in carico completa”, conclude Bonanni. “Non solo diagnosi e risarcimenti, ma prevenzione vera: informazione, monitoraggi continui, supporto psicologico. Perché anche chi non è ancora malato ha diritto a vivere senza essere schiacciato dalla paura”.

Amianto, nuova vittima di mesotelioma tra i lavoratori delle ex Ogr

Lorenzo Bassi, 79 anni, era entrato nelle officine nel 1969 e faceva il manovale specializzato. I colleghi: “Terzo morto in poco più di due mesi, strage infinita”

Amianto.

Genova: storia di una lotta operaia” è iI docufilm che racconta la battaglia sindacale, durata oltre 10 anni (dal 2006 al 2016) della classe operaia genovese per vedersi restituire i propri diritti, prodotto dalla Camera del Lavoro di Genova, dallo Spi-Cgil Genova e Liguria e dalla Fiom-Cgil Genova Oltre 1.400 lavoratori, alcuni malati o deceduti, colpiti dall’esposizione all’amianto sono stati indagati come truffatori dimenticando i danni inoppugnabili provocati dall’asbesto.

Tra il 1994 e il 2020 l’Inail ha registrato in Liguria oltre 3.600 decessi provocati dall’esposizione all’amianto, di cui oltre la metà a Genova. Il docufilm sarà presentato in anteprima nazionale alle 18 di domani, giovedì 5 giugno, presso il teatro Verdi a Sestri Ponente, subito dopo la chiusura (alle 16.45) della campagna referendaria per i cinque “sì” ai referendum dell’8 e 9 giugno.

 La storia della battaglia – unica, perché a Genova lavoratori e lavoratrici venivano messi sotto inchiesta mentre nel resto d’Italia venivano riconosciuti i diritti di chi era stato esposto all’amianto sul posto di lavoro – inizia con l’inchiesta della magistratura genovese, terminata con un nulla di fatto e si sviluppa attraverso il racconto dei protagonisti. La proiezione sarà preceduta da una breve introduzione condotta dalla giornalista Sara Tagliente e vedrà la partecipazione di Alessandro Rela e Livio Verdi, ex operai e sindacalisti Fiom, Marcello Zinola giornalista, Ugo Roffi e Ludovica Schiaroli registi e Ivano Bosco segretario generale Spi-Cgil Genova.
    “Cgil, Fiom-Cgil e Spi-Cgil non hanno mai chiesto o cercato la vendetta ma chiarezza, verità e giustizia – spiega Igor Magni, segretario generale Cgil Genova – anche per restituire la dignità ai malati, alle vittime, ai loro familiari, ai lavoratori offesi con accuse infondate e infamanti”.

SCIOPERO GENERALE

SCIOPERO GENERALE, VENERDÌ 20 GIUGNO 2025

CONTRO: ➢IL GENOCIDIO DEI PALESTINESI ➢L’INVIO DI ARMI AD ISRAELE ➢IL RIARMO E LA GUERRA ➢L’AUMENTO SPESE MILITARI ➢L’ECONOMIA DI GUERRA

PER: ➢IL BLOCCO DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE ED ECONOMICHE CON ISRAELE ➢LA PACE ➢GLI INVESTIMENTI SU SANITÀ, SCUOLA, TRASPORTI E WELFARE

Sì – AUMENTO DEI SALARI E DELLE PENSIONI -DIRITTO ALL’ABITARE.   
 

NO – SFRUTTAMENTO SU LAVORO E ALLA PRECARIETÀ – MORTI SUL LAVORO E TAGLI SULLA SALUTE E SICUREZZA.

Restare zitti e buoni non si può. E’ ORA CHE I LAVORATORI PRENDANO LA PAROLA.
Il silenzio del Governo rispetto al Genocidio del Popolo Palestinese è vergognoso. Riprovevole l’ossequiosa compiacenza che Meloni&soci manifestano nei confronti di Israele, tentando di sabotare qualunque pronunciamento della comunità internazionale nei confronti degli assassinii di uomini, donne e bambini, ordinati dal sanguinario Netanyahu.
Costituisce un oggettivo pericolo la decisione dell’Esecutivo di aumentare la spesa militare, in spregio della volontà della grande maggioranza degli italiani che sanno bene che a pagare le guerre sono le masse popolari ed i lavoratori mentre lucrano gli speculatori di morte e distruzione.
Altro che minaccia di invasione e di attacco da forze straniere: è la vulgata di un Governo che tenta di nascondere le vere emergenze. In realtà i lavoratori ed i cittadini fanno quotidianamente i conti con i tagli alla Sanità, alla Scuola, ai Trasporti e con l’erosione del Welfare. Per non parlare del caro affitti: si nega il Diritto all’Abitare, da inserire urgentemente in Costituzione.
Salari e pensioni sono la reale emergenza in Italia. Altro che spese militari, guerra, economia di guerra e rilancio occupazionale nell’industria bellica.
Anche l’Istat smaschera le bugie governative: dal 2019 al 2024 a fronte di una inflazione del 21,6% i salari sono cresciuti solo del 10,1%. La differenza in negativo è, quindi, dell’11,4%.
Tutto ciò mentre la produzione industriale è calata, in 2 anni, del 6%, facendo decrescere il numero dei contratti a tempo determinato ma, nonostante ciò, aumentano i morti sul lavoro. La disoccupazione si è attestata al 6,5%, a cui si aggiunge un tasso di inattività del 33,4%, nonchè calano gli occupati tra i 24 e 44 anni. Le famiglie in povertà assoluta crescono dal 2024 e sono ormai all’8,4% del totale (2,2 mln) mentre la rinuncia alle prestazioni sanitarie è cresciuta del 7,5% dal 2023!

BASTA. FERMIAMO IL GENOCIDIO IN PALESTINA – STOP ALLE GUERRE. LOTTIAMO PER SALARI E TUTELE DELLA SALUTE E SICUREZZA.

Aminto . Sentenze

Muore a 92 anni ma lavorò in ambienti con presenza di amianto: gli eredi risarciti con 700mila euro

All’ex dipendente dell’Arsenale di La Spezia l’asbestosi fu diagnosticata nel 2016. Nonostante il “caso atipico” per l’età avanzata, per il giudice le fibre furono “concausa del decesso”

Assistente tecnico si ammala di tumore a causa dell’amianto presente a scuola, risarcimento di 600mila euro [SENTENZA]. In Italia 2mila scuole da bonificare e 5mila docenti a rischio

La Corte d’Appello di Trieste ha condannato il Ministero dell’Istruzione e del Merito al risarcimento di circa 600mila euro nei confronti della famiglia di un ex aiutante tecnico dell’Istituto A. Volta di Trieste. La decisione ha riformato la sentenza di primo grado, riconoscendo la correlazione tra il decesso dell’uomo e l’esposizione all’amianto durante il servizio scolastico.

L’episodio riguarda un assistente tecnico, deceduto nel 2016 a causa di un mesotelioma pleurico, patologia direttamente connessa all’esposizione all’amianto. L’uomo, attivo per 15 anni nei laboratori e officine dell’istituto, avrebbe gestito macchinari, manipolato materiali contaminati e smaltito rifiuti pericolosi senza adeguati dispositivi di protezione.

La diagnosi della malattia risale al 2014; il decesso è avvenuto meno di due anni dopo, a 77 anni. La Corte ha riconosciuto il nesso causale tra le mansioni svolte e l’insorgenza del tumore. Secondo l’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), altri lavoratori dello stesso istituto hanno manifestato patologie simili, e un caso ha riguardato anche uno studente.

La vicenda triestina non rappresenta un’anomalia isolata. L’ONA, guidato da Ezio Bonanni, ha segnalato che oltre 2.000 scuole italiane presentano ancora tracce di amianto, con 2.292 edifici non bonificati secondo i dati del 2021. Questo dato rappresenta circa il 4,3% del patrimonio scolastico nazionale.

Le aree a maggiore incidenza comprendono:

  • Torino: 66 scuole non bonificate;
  • Milano: 89 su 665;
  • Genova: 154 su 193.

Le fonti di rischio non si limitano a tetti e coperture: l’amianto può essere presente anche negli impianti elettrici, nelle pavimentazioni in linoleum e in altri elementi strutturali.

23 Maggio

Schiacciato tra un macchinario e una trave: muore 25enne

La tragedia oggi 23 maggio in una ditta in provincia di Trento. La vittima, Victor Durbala, originario dell’Ucraina viveva nel padovano. A nulla sono serviti i tempestivi tentativi dei sanitari di salvarlo

Ancora un morto sul lavoro. La tragedia si è consumata a Roncone in provincia di Trento. Oggi 23 maggio qualche minuto prima delle 10 all’interno della ditta CMV (Costruzioni meccaniche Valentini), un operaio di 25 anni, Victor Durbala originario dell’Ucraina, ma residente a Padova, secondo i primi riscontri raccolti dalle forze dell’ordine, sarebbe rimasto schiacciato mentre stava manovrando una trave d’acciaio con un carro ponte. In un primo momento si è ipotizzato che il carico si fosse staccato. Da analisi più accurate, invece, sarebbe emerso che la vittima è finito schiacciato tra il carico e un’altra trave. Un impatto devastante che di fatto non gli ha dato scampo. Immediati i soccorsi, ma i sanitari giunti in fabbrica non hanno potuto far altro che constatarne l’avvenuto decesso. Sul luogo della tragedia è giunto anche l’elisoccorso, ma ogni tentativo è risultato vano. 

Victor Durbala 25 anni

Sul luogo dell’ennesima tragedia sul lavoro sono arrivati anche gli ispettori dell’ufficio provinciale per la sicurezza sul lavoro. A loro e ai militari di Riva del Garda il compito di ricostruire l’accaduto, capire se si sia trattato di un errore umano, oppure qualcosa nei macchinari non abbia funzionato a dovere. Della vicenda è stato messo al corrente il pubblico ministero di turno Ottavia Ciccarelli che ha concesso il nullaosta per la rimozione della salma che è stata trasferita all’istituto di Medicina Legale a disposizione dell’autorità giudiziaria. Ancora da chiarire se la vittima fosse sotto contratto con l’azienda CMV o stesse prestando servizio per una ditta esterna impegnata in lavori. La notizia del decesso si è sparsa velocemente nel padovano lasciando senza parole tutti coloro che conoscevano il 25enne e ne apprezzavano le qualità umane e professionali. 

Cade dal tetto di un capannone a Napoli, morto operaio: 13esima vittima sul lavoro in Campania nel 2025

Un uomo di 62 anni è morto nel pomeriggio di oggi dopo essere precipitato dal tetto di un capannone in zona Poggioreale. Sulla vicenda indagano i carabinieri.

Un bilancio tremendo quello dei morti sul luogo di lavoro in Campania nel 2025: in questi primi 5 mesi dell’anno, gli operai deceduti mentre lavoravano sono già 13. L’ultima vittima è arrivata proprio oggi, venerdì 23 maggio: a Napoli, un operaio di 62 anni è morto dopo essere precipitato dal tetto di un capannone. Da quanto si apprende l’uomo, fabbro e titolare di una ditta che si occupa di lavori in ferro con sede a Casoria, stava svolgendo un sopralluogo in via Fontanelle al Trivio, nel quartiere napoletano di Poggioreale, quando si è verificato il tragico incidente.

Per cause che sono ancora in corso di accertamento, il 62enne, nel corso del sopralluogo, ha perso l’equilibrio ed è caduto dal capannone, precipitando al suolo da un’altezza di circa 4/5 metri. Nonostante il tempestivo intervento dei sanitari del 118, per il 62enne non c’è stato nulla da fare: l’uomo è morto sul colpo a causa delle gravi ferite riportate nella violenta caduta. Sul posto sono intervenuti i carabinieri, che hanno effettuato tutti i rilievi utili a ricostruire con precisione la dinamica dell’incidente mortale e per individuare anche eventuali responsabilità. Come detto, il 62enne è la 13esima vittima del lavoro in Campania dall’inizio del 2025; un record negativo per la regione, che in questi primi mesi dell’anno ha visto un incremento degli incidenti mortali sui luoghi di lavoro rispetto al 2024.

Imprenditore cade dall’impalcatura e muore

Un altro infortunio sul lavoro si aggiunge alla tragica lista delle morti bianche in Veneto

L’incidente è avvenuto nel pomeriggio di oggi, venerdì 23 maggio, a Roana, sull’Altopiano. 

Secondo una prima ricostruzione l’imprenditore stava controllando l’avanzamento dei lavori di una ristrutturazione in via Maggiore e ha perso l’equilibrio che l’ha fatto poi cadere nel vuoto. Sul posto sono intervenuti i sanitari del Suem 118 che hanno trasportato il ferito all’ospedale di Asiago in codice giallo. L’uomo però è deceduto qualche ora dopo il ricovero in ospedale.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri e il personale dello Spisa

Muore agricoltore schiacciato da baracca mentre lavora

Grosseto, col trattore urta pilastro e la struttura crolla

Un agricoltore di 41 anni è morto questa mattina nelle campagne di Cinigiano (Grosseto).

L’uomo era sul trattore per fare alcuni lavori nel suo podere quando sarebbe finito addosso ad un pilastro che sorreggeva una baracca che gli è crollata addosso, uccidendolo.
    Sul posto sono arrivati i Vigili del fuoco, i sanitari della Asl, l’elisoccorso Pegaso e i carabinieri.

Resta sotto macchina agricola, secondo morto in Toscana

Vittima 85enne a Montespertoli, lavorava nel suo campo

Secondo morto in lavori di agricoltura in Toscana oggi dopo quello a Cinigiano (Grosseto).

Un anziano è morto questa mattina per un incidente col trattore in un campo nel territorio di Montespertoli (Firenze).

22 Maggio

Aveva 79 anni e lavorava ancora part time come autista, la tragica scomparsa di Emilio Gambon

Pensionato padovano e autista part-time, Gambon è la vittima dell’incidente di ieri sulla A4: è la ventesima morte sul lavoro in maggio, la nona tra gli over 70

È stato identificato l’uomo deceduto ieri nel tragico incidente sull’autostrada A4, nel tratto trevigiano all’altezza di Meolo: si tratta di Emilio Gambon, 79 anni, residente ad Abano Terme (Padova). Ex istruttore di scuola guida in pensione, Gambon continuava a lavorare come autista part-time per la Templari Spa, azienda padovana specializzata nella produzione e vendita di pompe di calore.

Operaio resta incastrato in un mezzo, è grave

Nel savonese, trasportato in codice rosso al Santa Corona

Incidente sul lavoro stamani nel savonese.

Un operaio che stava lavorando nel cantiere del ponte sul torrente Stagno di Vado Ligure sarebbe rimasto incastrato in un mezzo di lavoro.


20 Maggio

Morto sotto il trattore a 39 anni nel campo di olivi a Quinto

È Luigi Ruffo la vittima dell’incidente avvenuto nel tardo pomeriggio di lunedì. «Non possiamo più parlare di fatalità. Sono tragedie annunciate», sottolineano dalla Fai Cisl di Verona

Si chiamava Luigi Ruffo, l’uomo che ha perso la vita nel tardo pomeriggio di lunedì in località Are Coltri, a Quinto di Valpantena, schiacciato dal trattore che stava conducendo. 

39enne di Cellore di Illasi, Ruffo gestiva un’azienda agricola situata nella valle dell’est veronese insieme alla famiglia e il 19 maggio si trovava nei campi che aveva affittato per coltivare olivi, quando è rimasto schiacciato dal mezzo che stava conducendo. Forse tradito dal terreno, forse da un basamento coperto dalla vegetazione, il trattore si sarebbe ribaltato senza lasciare scampo all’agricoltore. 
A lanciare l’allarme è stato un uomo che ha notato il veicolo ribaltato e sul posto sono arrivati gli uomini del 118 con ambulanza ed automedica, insieme ad una squadra dei vigili del fuoco: il personale sanitario però avrebbe potuto solamente constatare il decesso del 39enne, mentre i pompieri si sono occupati di estrarre il corpo. Sul posto è intervenuta la polizia di Stato ed il personale Spisal, per i rilievi utili a ricostruire la dinamica.  

Amianto : Sentenze

Operaio muore per un tumore causato dall’esposizione all’amianto, Fincantieri condannata a risarcire la famiglia

Fincantieri è stata condannata al risarcimento di 114mila euro nei confronti dei familiari di un operaio morto nel 2019 a causa di un tumore al polmone probabilmente provocato dall’esposizione all’amianto durante gli anni di lavoro.

È morto in seguito a un tumore al polmone nell’agosto del 2019 dopo aver lavorato per anni a contatto con polveri di amianto in un cantiere ex Cnomv, all’Arsenale di Venezia e ora Fincantieri dovrà risarcire con 114mila euro i familiari dell’operaio. 

A stabilirlo è stata la Corte d’Appello civile di Venezia, ribaltando la sentenza con la quale nel 2020 il tribunale di Venezia aveva decretato che il risarcimento non fosse dovuto perché non vi era prova del nesso di causa tra patologia ed esposizione all’amianto. Su ricorso del legale, i giudici di secondo grado hanno valorizzato i risultati di una consulenza medico legale che invece mostrava la diretta correlazione tra il tipo di lavoro svolto dall’operaio e il tumore che lo ha purtroppo stroncato.

Fincantieri aveva allora evidenziato tramite il suo avvocato il vizio del fumo dell’operaio, sostenendo che le sigarette potessero essere la causa del carcinoma. Infine, prima della sentenza della Corte d’Appello, Fincantieri ha chiesto che l’eventuale risarcimento fosse dimezzato in presenza di una possibile concausa esterna al lavoro.

Secondo la Corte d’Appello, però, il tabagismo non è stato dimostrato. In particolare, non emerge dai dati anamnestici dell’operaio e per questo motivo il vizio del fumo non può essere considerato incisivo nel giudizio.

Per questo motivo Fincantieri è stata condannata al risarcimento di 114mila euro nei confronti degli eredi dell’operaio. La causa è iniziata quando l’uomo era ancora in vita, seppur malato, ed è stata perseguita dopo la sua scomparsa dai familiari che hanno portato in aula la sofferenza dell’operaio nel periodo di cure ospedaliere e il disagio della perdita con la sua morte. La Corte d’Appello ha ritenuto le richieste della famiglia del defunto legittime e ha quindi chiesto il risarcimento della somma richiesta.

Operaio esposto all’amianto vince la causa contro l’Inps, ma muore prima della sentenza

L’ente è stato condannato a riconoscere i 14 anni di esposizione certificata. Previsti 800 euro mensili di pensione per la vedova

È morto all’età di 64 anni un operaio esposto all’amianto e affetto da gravi patologie. L’uomo aveva finalmente vinto la causa e ottenuto il riconoscimento dei benefici previdenziali con condanna dell’Inps, ma è deceduto qualche giorno fa, prima di poter andare in pensione. A rendere nota la vicenda è l’Osservatorio Nazionale Amianto che sottolinea come si tratti di un “caso emblematico di ‘giustizia postuma’: troppo tempo perso in processi”.

La Corte d’Appello di Roma ha dunque accolto il ricorso presentato dall’ex operaio affetto da enfisema polmonare e broncopatia a causa dell’esposizione prolungata all’amianto, e deceduto per arresto cardiocircolatorio. L’operaio, originario di Nettuno e in servizio presso l’impianto dal 1988, ha lavorato nello stabilimento di Anzio come addetto alla manutenzione, come carrellista e, dal 2010, come manutentore in tutti i reparti. In primo grado si era visto negare dal tribunale di Velletri i benefici previdenziali, pur in presenza di una consulenza tecnica d’ufficio medico-legale che aveva confermato il nesso causale tra la malattia e l’esposizione professionale.

Esposto alla fibra killer

Nella sentenza emerge come il 64enne era stato esposto all’amianto per l’intero periodo lavorativo “in quanto manipolava materialmente e direttamente tutti i materiali in amianto, guarnizioni, valvole, piastre isolanti poste sulle linee di produzione di fabbricazione, con maneggiamento diretto delle coibentazioni e rivestimenti degli impianti, delle guarnizioni, delle valvole, delle parti isolanti dei macchinari, delle tubazioni, delle presse e dei palettizzatori”, si legge nel dispositivo.

A partire dall’inverno 2019, inoltre, nell’uomo era comparsa una chiara sintomatologia all’apparato respiratorio e si era sottoposto a esami, all’esito dei quali gli era stata riscontrata una “fibrosi polmonare diffusa, micro-noduli diffusi interparentimali, con costrizione toracica, tosse secca, enfisema e bpco (broncopneumopatia cronica ostruttiva ndr)”. I ricorsi amministrativi presentati rispettivamente all’Inali e all’Inps, tuttavia, non hanno però dato esito favorevole per il riconoscimento della malattia professionale e della rivalutazione contributiva.

Inps condannata

Dopo una serie di ricorsi e di battaglie legali la corte d’Appello ha ribaltato lo scenario. Nella sentenza si legge che il tribunale del lavoro di Velletri condanna l’Inps “al pagamento delle spese del primo grado del giudizio, che si liquidano in 5mila euro oltre il 15% per spese generali e accessori di legge” e condanna l’ente al pagamento delle spese del secondo grado del giudizio, che si “liquidano in 3500 euro oltre il 15%” più le spese oltre al riconoscimento della “rivalutazione delle settimane di contribuzione settimane di contribuzione dal primo febbraio 1988 al 31 dicembre 2002”. 

“Ora, con questa nuova pronuncia, l’Inps è stata condannata a riconoscere i 14 anni di esposizione certificata con il conseguente accredito delle maggiorazioni contributive. Una decisione che avrebbe consentito finalmente al lavoratore di accedere al pensionamento anticipato, con rivalutazione economica della prestazione”, spiega l’Osservatorio Nazionale Amianto.

Il risarcimento per la vedova

A guidare la battaglia legale è stato l’avvocato Ezio Bonanni: “Una sentenza di grande rilievo giuridico, purtroppo offuscata dalla scomparsa del lavoratore che ne avrebbe dovuto beneficiare. Il lungo iter processuale e la resistenza di Inps e Inail hanno ritardato un riconoscimento che arriva solo dopo la sua morte. L’operaio è deceduto, con ogni probabilità, a causa delle gravi conseguenze dell’esposizione all’amianto. Ora l’azione legale proseguirà in favore della vedova, che potrà ottenere un incremento della pensione – da circa 500 a 800 euro al mese – oltre alla rendita di reversibilità INAIL e al risarcimento per il danno subito”.

Bonanni, presidente dell’osservatorio per l’amianto, rilancia inoltre un appello urgente alle istituzioni: “Chiediamo, ancora una volta, la bonifica completa dei siti contaminati. Non possiamo più tollerare che si continui a morire o ad ammalarsi per colpa dell’inerzia. Ogni fibra inalata è un rischio per la vita”.

Amianto : Sentenze

Amianto nella GECOM SpA di Pozzuoli: giustizia per Domenico di Fraia

Il Tribunale di Napoli condanna l’INPS a riconoscere i benefici contributivi all’operaio esposto alla fibra killer

Una sentenza che rende giustizia a Domenico Di Fraia, operaio metalmeccanico e saldatore per oltre 12 anni nello stabilimento GECOM SpA di Pozzuoli. Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Napoli ha condannato l’INPS a riconoscere i benefici amianto e a rivalutare la sua posizione contributiva.

Di Fraia, 70 anni, nato a Pozzuoli e residente a Monterusciello (Na), aveva lavorato tra il 1976 e il 1988 in ambienti saturi di fibre di amianto, privi di adeguate misure di sicurezza, senza protezioni individuali e in capannoni con ventole che peggioravano l’aerodispersione delle polveri tossiche.

Nel 2020, a seguito di sintomi respiratori gravi, gli sono state diagnosticate patologie absesto correlateispessimenti pleurici bilateraliplacche pleuriche e tumefazioni linfonodali.

Nonostante la certificazione INAIL che attestava l’esposizione professionale al cancerogeno dal 1 luglio 1976 al 31 dicembre 1987, l’INPS aveva rigettato la richiesta di accredito contributivo. A quel punto l’operaio si è rivolto all’Osservatorio Nazionale Amianto, presieduto dall’Avv. Ezio Bonanni, che ha subito avviato il ricorso.