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10 Agosto

Incidente sul lavoro a Cuorgnè: Carlantonio Cattarello aiuta un amico e si ribalta con un escavatore, morto a 74 anni

Trovato lungo un dirupo in località Costosa

Tragico incidente sul lavoro nella mattinata di oggi, 10 agosto 2025. A Cuorgnè, località Costosa, Carlantonio Cattarello, 74 anni, residente a Canischio, è morto mentre utilizzava un “mini” escavatore. 

Secondo quanto hanno ricostruito i carabinieri, la vittima stava aiutando un amico a pulire e mettere in ordine un proprio terreno. Avvicinandosi al dirupo lì vicino, con l’escavatore, è scivolato giù, rimanendo schiacciato. 

A 74 anni muore schiacciato da un escavatore, incidente sul lavoro nel Torinese

Carlantonio Cattarello stava svolgendo lavori di pulizia nel giardino di un amico, a Cuorgnè. Avvicinandosi a un ruscello con l’escavatore, si sarebbe ribaltato rimanendo schiacciato

Non si ferma la strage sul lavoro in Piemonte, che il rapporto dell’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro e Ambiente Vega Engineering ha appena classificato in zona «arancione» nella mappa del rischio infortunistico nazionale. L’ultimo incidente mortale è avvenuto domenica 10 agosto a Cuorgnè, dove Carlantonio Cattarello74 anni, ha perso la vita dopo essere stato schiacciato da un escavatore

In base alle prime ricostruzioni l’anziano operaio stava eseguendo alcuni lavori di pulizia nel terreno di un amico, lungo un torrente. La pala meccanica si è ribaltata a causa della pendenza e Cattarello è rimasto intrappolato tra le lamiere. L’allarme è stato lanciato verso le 10 e il 74enne è stato soccorso dal personale del 118, ma è morto durante il trasporto a bordo dell’elicottero. Toccherà a i carabinieri e agli ispettori dello Spresal ricostruire la dinamica dell’infortunio.

Venerdì scorso, 8 agosto, era stato Massimo Milanesio, 58 annioriginario di Bra e residente a Fossano, a perdere la vita sul posto di lavoro, in un’azienda di trasporti di Castelletto Stura. L’uomo è stato schiacciato da un camion durante un banale intervento di manutenzione del veicolo e le indagini dei carabinieri della Compagnia di Fossano e dell’Asl, coordinate dalla procura di Cuneo dovranno verificare il rispetto delle condizioni di sicurezza.

Giovedì, a Ciriè, Mihai Opulel, 46 anni, era precipitato da un balcone in un cantiere in via Pioppi, dove stava eseguendo alcuni lavori di muratura. In base alle ricostruzioni dei carabinieri, guidate dalla procura di Ivrea, prima di chiamare i soccorsi, i proprietari della villetta in ristrutturazione, marito e moglie di 46 e 48 anni, con la complicità del direttore dei lavori, 48enne, avrebbero trasportato il ferito in un prato. Opulele, infatti, lavorava in «nero» e i due coniugi avrebbero inscenato un incidente per non incorrere in sanzioni e denunce penali: «C’è un uomo ferito in località Robaronzino». L’operaio è stato ricoverato in ospedale in prognosi riservata, ma non è in pericolo di vita, mentre la coppia, assieme all’ingegnere che dirigeva il cantiere sono stati denunciati.

22 Luglio

Incidente sul lavoro in aeroporto, morto operaio 64enne. È caduto mentre aggiustava i condizionatori

Le sigle sindacali hanno denunciato l’accaduto. Una anno fa un altro operaio morì al ‘Leonardo da Vinci’ di Fiumicino

Un operaio di 64 anni è morto è morto all’interno dell’aeroporto di Fiumicino a seguito di una caduta dall’alto. Il lavoratore è precipitato dal tetto delle officine motori, ex-Alitalia e oggi gestita da un’altra società, mentre manuteneva i condizionatori. 

Il 64enne, secondo quanto appreso da fonti sindacali, era dipendente di una ditta di appalto che svolge l’attività per il gestore aeroportuale e per diverse altre aziende. Proprio i sindacati, appresa la notizia, hanno protestato. L’incidente, a quanto si è appreso, è avvenuto presso l’officina, gestita da diversi anni dalla stessa società, situata nelle vicinanze del varco numero 5 dell’aeroporto. Le condizioni sono apparse subito gravi e, nonostante il tempestivo intervento dell’elisoccorso e dell’ambulanza, per l’operaio non c’è stato nulla da fare.

19 Luglio

Satnam e i suoi fratelli. Cinque lavoratori indiani morti in provincia di Salerno in nove mesi

È passato un anno dalla tragica morte, o meglio omicidio, di Satnam Singh in provincia di Latina, avvenuta il 19 luglio 2024. In questi giorni i suoi parenti sono in Italia, e stanno incontrando politici e sindacalisti: il presidente della Regione Lazio, Rocca, il segretario della Cgil, Landini, i deputati Pd, e infine al Senato la Commissione di indagine sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. 

In questi incontri è risuonato il condivisibile slogan “mai più casi come quelli di Satnam”, ma cosa è cambiato realmente nell’ultimo anno? Purtroppo poco o niente, la situazione sembra addirittura peggiorata: dalla morte di Satnam Singh a oggi, sono almeno trenta i lavoratori indiani morti in Italia in seguito a incidenti sul lavoro, malori avvenuti sui posti di lavoro o investiti mentre si recavano o tornavano dal lavoro.

Una delle comunità indiane più numerose presenti in Italia è quella che vive in provincia di Salerno, che, al primo gennaio 2024, contava 3.529 residenti. Circa un terzo della comunità indiana vive tra Battipaglia, Eboli e Capaccio, ed è impiegata principalmente nei settori dell’allevamento di bufale e bovini e nell’agricoltura. Solo in provincia di Salerno sono morte cinque persone di origine indiana negli ultimi nove mesi, e purtroppo non risultano dichiarazioni di politici, sindacati e associazioni, rispetto a queste morti, neppure semplicemente di cordoglio. Le comunità e i parenti delle vittime sono state lasciate sole, senza alcun supporto.

Il caso più recente è avvenuto l’8 luglio 2025, è stato descritto così dal quotidiano La Città di Salerno:

“Lo hanno trovato nella vasca, dove si raccoglie il letame. Privo di vita, morto da diversi giorni. Aveva 37 anni, l’indiano. Padre di un figlio, rimasto in Asia in compagnia della madre. La salma è stata sequestrata dai carabinieri di Serre, guidati dal capitano Greta Gentili. Le indagini sono coordinate dal pm Gianpolo Nuzzo che, ieri mattina, ha incaricato il medico legale Gabriele Casaburi di effettuare un primo esame cadaverico esterno. Nell’azienda bufalina erano presenti gli avvocati Mario e Carlo Conte, in rappresentanza del titolare della ditta che non è indagato”.

Da quello che è stato possibile ricostruire, leggendo i vari articoli, la mattina dell’8 luglio alcuni lavoratori hanno attivato un macchinario per svuotare dall’abbondante acqua piovana caduta nelle ore precedenti una vasca che raccoglie il letame in un’azienda bufalina in località Borgo San Lazzaro a Serre, ed è riemerso il cadavere di un uomo. Era presente anche il cognato della vittima, anch’egli di origine indiana, impiegato nell’azienda. La salma era già in avanzato stato di decomposizione, forse da giorni. La vasca dove è stato ritrovato il corpo, stranamente, non risulta sequestrata, nemmeno per verificare se fosse stata costruita a norma di legge, e con le misure di sicurezza prevista per evitare incidenti. 

Nessun articolo riporta il nome dell’uomo, scrivono che sia stata ritrovato senza documenti ed effetti personali, eppure contraddittoriamente aggiungono informazioni dettagliate quali il fatto che avesse 37 o 38 anni, un figlio e una moglie in India, fosse attualmente disoccupato o non “formalmente impiegato nell’azienda bufalina”, vivesse in Italia da vari anni e fosse stato ricoverato e poi dimesso da un ospedale della zona il 30 giugno.

Il 10 luglio si sarebbe dovuta tenere l’autopsia della salma, nell’obitorio dell’ospedale di Eboli. Non si sa se i familiari abbiano potuto nominare un tecnico di parte, o se ne siano stati informati. 

In precedenza un altro lavoratore di origine indiana, di 54 anni, era deceduto colpito da un malore il 13 maggio 2025 a Positano. Anche in questo caso non si conosce il nome della vittima né altri dettagli. 

Il 21 marzo un lavoratore indiano, che abitava e lavorava ad Altavilla Silentina (paese confinante con Serre) in un’azienda agricola era stato ritrovato senza vita in circostanze “misteriose”:

“Il giallo della morte di Sandhu Gurmeet Singhi, 25enne di origine indiana, si infittisce. Il suo corpo è stato ritrovato ieri lungo la riva del fiume Calore, a Serre, nascosto tra i rami, dopo ore di ricerche condotte dai carabinieri di Eboli, vigili del fuoco e Protezione civile. Ora sarà l’autopsia a stabilire cosa sia realmente accaduto. Tre le ipotesi al vaglio degli inquirenti: omicidio, suicidio o caduta accidentale. L’allarme era scattato dopo mezzogiorno, quando il giovane non aveva fatto rientro a casa. Preoccupati, gli amici avevano segnalato la sua scomparsa, dando il via alle ricerche”.

Il 29 novembre 2024 è la volta di Onkar Syng, un ventitreenne di origini indiane, investito da un treno alla stazione di Ascea.

I media locali non forniscono nessun dettaglio, la storia di Onka viene riportata solo in un articolo pubblicato da PTC Punjabi UK, un canale televisivo, voce della comunità di lingua punjabi europea, con sede nel Regno Unito: “Onkar Singh era arrivato in Italia nell’ottobre 2023. Il padre di Onkar,Bhupinder Singh, ha affermato che, dopo aver contratto un prestito di dodici-tredici lakh di rupie (circa 13 mila euro) , era riuscito a mandarlo in Italia in modo che il suo unico figlio maschio potesse essere il suo sostegno nella vecchiaia. Ma le circostanze che ha dovuto affrontare dopo il suo arrivo qui non possono essere descritte. L’intermediario che lo aveva invitato in Italia non lo ha aiutato, motivo per cui i documenti italiani di Onkar non erano pronti, e senza documenti in Italia, non riusciva a trovare lavoro regolare da nessuna parte. Mentre viaggiava da Catania a Brescia in treno, per cercare un lavoro, durante il tragitto è sceso alla stazione ferroviaria di Ascea in provincia di Salerno. Il padre ritiene che Onkar abbia preso questa decisione a causa delle vessazioni subite in Italia, che gli hanno causato una depressione”.

L’8 novembre 2024 in località Campolongo di Eboli è morto Singh Manjinder, quarantanovenne indiano, schiacciato da un trattore mentre lavorava nei campi della Piana del Sele. Pare che, per cause da accertare, gli sia finita addosso la pala meccanica del mezzo agricolo.

Anche in questo caso, gli unici approfondimenti degni di rilievo, provengono da testate giornalistiche indiane e punjabi: “Manjinder Singh Rimpa lavorava nei campi con la sua famiglia da diversi anni. Ieri stava guidando un trattore e stava arando il terreno, quando improvvisamente il mezzo si è ribaltato e qualcosa lo ha colpito gravemente, provocandogli una morte dolorosa. I familiari sono perplessi sul perché si sia verificata questa tragedia e le reali ragioni dell’incidente non vengono presentate in modo adeguato dalle autorità. La famiglia ha affermato che dietro questa morte ci sono ragioni profonde e chiede un’indagine imparziale sull’accaduto. Perché è successo questo? Perché è avvenuto l’incidente? Il proprietario non sta dando la risposta corretta. I parenti del defunto stanno fornendo informazioni su questo incidente”.

“Un operaio che lavorava con lui ha dichiarato alla stampa che il defunto Manjinder Singh stava arando i campi come al solito e che lui aveva lasciato il lavoro nel pomeriggio per andare a riposare nei campi poco distanti. Dopo un po’, il proprietario dei campi e suo figlio sono arrivati e gli hanno intimato di non uscire di casa, perché la polizia era arrivata nei campi. Il collega ha inoltre affermato di aver provato a parlare con Manjinder Singh al telefono, ma di non aver ricevuto risposta. Successivamente, ha chiamato un altro lavoratore punjabi di una fattoria vicina e gli ha chiesto spiegazioni. Quest’ultimo gli ha riferito che si era verificato un incidente con un trattore nei campi del suo datore di lavoro, in cui un lavoratore era morto”.

Le notizie su queste morti di solito vengono rapidamente dimenticate, i media ne scrivono per un paio di giorni e poi il caso scompare totalmente. Questo avviene proprio perché, senza un supporto solidale, i parenti, gli amici e le famiglie delle vittime non possono farsi sentire, avere i fondi per nominare avvocati e periti di fiducia, e spesso nemmeno le risorse necessarie alla vita quotidiana. I media locali si limitano a riportare le veline degli inquirenti e delle forze dell’ordine, non pongono domande né fanno inchieste, non riportano mai i racconti dei familiari e colleghi delle vittime. I sindacati tacciono: è possibile verificare come sui siti e sui canali social delle principali organizzazioni provinciali di categoria, non ci sia letteralmente traccia di queste morti. Anche l’operato di forze dell’ordine e inquirenti appare superficiale.

Il più recente processo relativo alla morte sul lavoro di un bracciante indiano, nella provincia di Salerno, lo scorso 10 dicembre ha visto il titolare dell’allevamento di bufale dove era morto nel 2019 Avtar Singh, assolto in appello con formula piena “perché il fatto non sussiste”.

Come per Satnam Singh, anche familiari, amici e colleghi delle vittime nel salernitano, vogliono verità e giustizia, e sono disposti a farsi sentire: è necessaria e urgente la creazione di una rete di solidarietà attiva sui territori, che rompa la cappa di silenzi e complicità che permette lo sfruttamento e la strage di lavoratori e lavoratrici, immigrati e non. 

18 Luglio

Schiacciato tra un camion e il muro di una casa, grave un operaio

L’incidente sul lavoro è accaduto oggi 18 luglio a Cavaso del Tomba, in via San Pio X. L’uomo, un 43enne di origini albanesi, impegnato in lavori di posa della fibra ottica, ha cercato di fermare il mezzo pesante che lui stesso guidava ma che era mal frenato. Gravi lesioni ad addome e bacino

Un grave incidente sul lavoro è accaduto nel pomeriggio di oggi 18 luglio a Cavaso del Tomba, in via San Pio X. Un operaio 43enne di origine albanese della ditta Edil Coppola srl, impegnato in uno scavo per la posa della fibra ottica, è rimasto schiacciato contro il muro di una abitazione dal camion con autogrù.

L’uomo, che era l’autista del mezzo, avrebbe tentato di fermare il camion che era mal frenato rimanendo intrappolato tra il veicolo e la casa. Il 43enne è stato subito portato all’ospedale di Treviso con gravi lesioni al bacino e all’addome. Le sue condizioni sono gravi ma non sarebbe in pericolo di vita. Sul posto, per accertare la dinamica del sinistro, si sono recati sia i carabinieri che gli ispettaori dello Spisal. 

Cade dal cassone del camion, 49enne muore dopo due giorni

L’incidente era avvenuto a Cartigliano

Non ce l’ha fatta Aldo Civillini, 49 anni, l’operaio coinvolto in un infortunio sul lavoro lo scorso 16 luglio, a Cartigliano.

Lombardo di Brivio, era stato trasportato in ospedale dopo la violenta caduta dal camion. Dipendente di una ditta di Cisano Bergamasco, si era recato alla ditta O.M.O. di via Monte Grappa per scaricare una partita di trafilati di alluminio.

Subito dopo aver scaricato la partita il 49enne è caduto dal cassone del camion e ha battuto la testa sull’asfalto.

Soccorso dai sanitari è stato trasportato d’urgenza in ospedale dove ha lottato tra la vita e la morte per due giorni. 

13 Luglio

Il 13 luglio 2025 si sono verificati incidenti mortali sul lavoro che hanno coinvolto trattori. A Palù, un agricoltore di 61 anni, Tiziano Barollo, ha perso la vita mentre lavorava. Un altro incidente, che ha visto un uomo di 47 anni travolto da un trattore, è avvenuto a Monterchi, ma in questo caso l’uomo è rimasto ferito gravemente, non deceduto. Questi eventi si inseriscono in un quadro più ampio di incidenti agricoli, come quello di Fumane dove un 26enne è morto nello stesso mese mentre lavorava con il suo mezzo agricolo

Nello specifico, il 13 luglio 2025, Tiziano Barollo è deceduto a seguito di un incidente con il trattore a Palù. Questo evento segue di poco un altro incidente simile avvenuto a Fumane, dove il 26enne Marco Accordini ha perso la vita mentre lavorava con il suo mezzo agricolo. Di fronte a questi tragici eventi, il sindacato Cisl ha sottolineato la necessità di un rafforzamento dell’attività ispettiva e di un coinvolgimento maggiore dei rappresentanti dei lavoratori nella vigilanza. In particolare, si chiede un aumento delle risorse umane e un’azione più incisiva per la verifica della conformità dei macchinari, con il sostegno alle aziende per la messa in sicurezza o sostituzione dei mezzi non a norma. 

5 Luglio

Alla nefasta media giornaliera dei morti sul lavoro, si aggiungono quelle per il caldo. È deceduto ieri El Khabch Abdelmajid, l’operaio coinvolto in un infortunio a Tezze sul Brenta, Vicenza. «Un altro nome che si aggiunge a un elenco sempre più vergognoso – ha commentato la Flai Cgil – È inaccettabile restare zitti quando c’è chi antepone il massimo profitto alla vita umana». Uno stagista di 17 anni è invece rimasto ferito cadendo da un’altezza di circa tre metri a causa del cedimento di un controsoffitto. Nel frusinate intanto si registra il secondo morto su un cantiere in tre giorni: ad Atina un operaio di 58 anni addetto alla realizzazione della nuova rete a fibra ottica ha avuto un malore e si è accasciato. Un decesso per il caldo anche nel siracusano: un agricoltore di 58 anni è morto per infarto dovuto alle alte temperature. A Pordenone un uomo di 38 anni è deceduto mentre lavorava nei boschi con il padre.

Travolta dal rimorchio del trattore guidato dal marito, muore una donna di 68 anni

L’incidente agricolo questa mattina a Bellante (Teramo): il mezzo si è ribaltato lungo un pendio e la vittima è morta sul colpo, schiacciata dal veicolo

Amianto : Sentenze

Amianto in Telecom: il Tribunale di Bari condanna l’INAIL a riconoscere la malattia professionale di un ex tecnico di Bari

Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Bari ha condannato l’INAIL a riconoscere la malattia professionale cagionata dall’esposizione ad amianto di F.V., affetto da multiple placche pleuriche bilateralied ispessimenti pleuriciIl lavoratore è stato impiegato per 31 anni in attività di assistente tecnico presso la sede Telecom Italia di Bari in Via Caldarola, a circa 50 mt dallo stabilimento Fibronit di Bari.

L’attività lavorativa dell’ex tecnico Telecom 

L’ex dipendente Telecom ha svolto attività di assistente tecnico con funzione di coordinamento e di controllo dei tecnici specializzati negli allacciamenti telefonici e nella manutenzione degli stessi, insieme alla manutenzione di cavi telefonici posati su pali in legno e di grossi cavi telefonici posati nelle tubazioni sotterranee. Proprio nello svolgimento di tali attività, nonché in quelle di collaudo dei lavori affidati alle imprese appaltatrici, l’ex tecnico è stato esposto ad amianto anche a causa delle operazioni di coibentazione e scoibentazione in totale assenza di strumenti di prevenzione e di mezzi di protezione personale.

Per l’intero periodo di lavoro, dal 1969 al 2000, F.V. è stato esposto alla fibra killer non solo direttamente, ma anche indirettamente e per contaminazione degli ambienti in cui svolgeva la sua attività lavorativa. 

La sede Telecom Italia S.P.A. (già Sip S.p.a) di Bari in Via Caldarola, si trovava a circa 50 mt dallo stabilimento Fibronit di Bari, sito industriale dismesso, nel quale venivano prodotti manufatti in cemento amianto. Proprio attraverso la lavorazione di questo minerale allo stato friabile si generava l’aerodispersione di polveri e fibre di amianto anche nelle zone adiacenti allo stabilimento.

F.V., come tutti i lavoratori Telecom Italia che operavano sul territorio Italiano e impiegati come tecnici o manutentori nelle centrali telefoniche, era stato dotato di un telo ignifugo a forma di lenzuolo contente amianto crisotilo, al fine di proteggere i materiali e gli oggetti dalle fiamme dei cannelli saldatori a gas propano utilizzati per la colatura di piombo e stagno e per l’applicazione di guaine termo restringenti.

Nel 2020, l’ex dipendente Telecom Italia aveva presentato domanda all’INAIL per il riconoscimento della malattia professionale, che in un primo momento gli è stato negato. Pertanto, ha deciso di rivolgersi all’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, per intraprendere la sua battaglia giudiziaria. 

Il Tribunale, a seguito dell’accertamento medico legale che ha confermato il nesso causale della malattia con l’esposizione alla fibra killer durante l’attività lavorativa, ha condannato la Telecom Italia a riconoscere ad F.V. una rendita mensile per la malattia professionale. La vittima è, infatti, attinta da una condizione di sofferenza anche per il rischio di insorgenza del mesotelioma pleurico

Amianto : Sentenze

“Esposto all’amianto durante il lavoro”: Inail condannata a corrispondere rendita a ex tecnico Telecom

La sentenza del Tribunale del lavoro di Bari in merito al caso di un 82enne, per 31 anni in servizio nella sede di via Caldarola e oggi colpito da una patologia ai polmoni. L’avvocato Bonanni dell’Osservatorio Nazionale Amianto: “Esposizione professionale per anni sottovalutata”

Il Tribunale del lavoro di Bari ha riconosciuto la malattia professionale da esposizione all’amianto, con condanna dell’Inail alla corresponsione della rendita mensile, per un 82enne, per 31 anni in servizio come assistente tecnico in Telecom Italia nella sede di via Caldarola a Bari.

A darne notizia è, in una nota, l’Osservatorio nazionale Amianto, che parla di una “decisione importante che restituisce giustizia a un uomo colpito da placche pleuriche calcifiche bilaterali, contratte dopo anni trascorsi in ambienti contaminati, privi di strumenti di protezione, a stretto contatto con fibre di amianto”.

Per oltre tre decenni, spiega l’Ona, l’uomo avrebbe “operato come coordinatore di tecnici, con mansioni di controllo e collaudo nella rete telefonica, maneggiando materiali coibentati con amianto nella sede della società telefonica a 50 metri dallo stabilimento Fibronit di Bari, noto per la produzione di manufatti in cemento amianto”.

“Oltre alla contaminazione ambientale, il lavoratore è stato esposto direttamente a fibre aerodisperse durante ispezioni, sopralluoghi e operazioni tecniche, senza alcun presidio di sicurezza individuale”. “Inoltre, come molti suoi colleghi, ha utilizzato per anni un telo ignifugo contenente amianto crisotilo, fornito dall’azienda per proteggere materiali durante le saldature: un uso quotidiano che ha aggravato l’esposizione a quella che oggi è definita una ‘fibra killer'”, spiega in una nota l’Osservatorio nazionale amianto.

24 Giugno

Tragedia sul lavoro, Montalcino e Roccastrada sotto choc. L’ultima vittima di una strage senza fine: i decessi da inizio anno

Diego Brianti, sposato, lascia due figli. Il cordoglio dei sindaci e di tanti concittadini sui social. Numeri sempre più preoccupanti in provincia di Siena

Diego Prianti, 52 anni, residente a Roccastrada, è morto questa mattina in un tragico incidente sul lavoro avvenuto nei campi dell’azienda agricola Tenuta Il Poggione a Montalcino. Secondo una prima ricostruzione, Prianti è stato colpito alla testa da un pezzo di metallo mentre stava lavorando con un escavatore, evento che gli è stato fatale. Era sposato e padre di due figli. La dinamica dell’incidente è ancora al vaglio del Pisll (Prevenzione Igiene e Sicurezza nei luoghi di lavoro), sul posto i Carabinieri della compagnia di Montalcino. La salma è a disposizione della Procura che procederà con tutti gli accertamenti del caso.

Amianto : Sentenze

Militare morto per l’amianto, Cassazione conferma diritti orfano

ANSA) – L’AQUILA, 18 GIU – La Corte di Cassazione conferma la decisione della Corte d’Appello dell’Aquila e riconosce i benefici previdenziali spettanti in qualità di orfano di una vittima del dovere al figlio del colonnello Raffaele Acquafredda, ufficiale dell’Esercito Italiano, morto a 50 anni, nel 2012, per un tumore al rene causato dall’esposizione prolungata a radiazioni e agenti cancerogeni durante le missioni. In particolare, è stato vittima della contaminazione da proiettili all’uranio impoverito, nonché dell’inalazione di fibre di amianto e polveri tossiche in contesti operativi ad alto rischio. Ne dà notizia l’Osservatorio nazionale amianto parlando di “un risultato importante, che chiude una lunga e difficile battaglia giudiziaria, restituendo dignità e giustizia a un giovane rimasto senza padre a soli 23 anni”.

Il colonnello Acquafredda ha partecipato a diverse missioni internazionali: è stato Ufficiale addetto presso la Brigata Multinazionale Nord a Sarajevo dal 14 giugno al 4 luglio 1999, e successivamente impiegato nell’ambito dell’operazione “Joint Guardian” in Kosovo, dal 29 novembre 2000 al 3 marzo 2001, come addetto all’artiglieria terrestre. Il Ministero della Difesa aveva inizialmente riconosciuto il diritto solo alla vedova e alla figlia del colonnello abruzzese, escludendo il figlio superstite proprio perché, dopo la morte del padre, aveva iniziato a lavorare. Ma oggi la Suprema Corte ha stabilito che non è il reddito annuale a fare prova del carico fiscale, ma la condizione effettiva al momento del decesso. Si chiude così una lunga battaglia legale. “Dopo anni di processo, siamo riusciti a ribaltare l’originario rigetto, poi confermato in Appello, basato sul presunto mancato carico fiscale del figlio – afferma il presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, l’avvocato Ezio Bonanni, legale della famiglia – Ma abbiamo dimostrato che, al momento del decesso del padre, il giovane era ancora studente universitario e ha iniziato a lavorare solo dopo la tragedia, per necessità. Un principio innovativo, oggi finalmente riconosciuto anche in Cassazione. È stata una battaglia titanica contro la ferma opposizione del Ministero. Questa sentenza fa giurisprudenza”. Bonanni lancia anche un appello al ministro Guido Crosetto, affinché “l’Avvocatura dello Stato cessi ogni ostilità nei confronti degli orfani di chi ha servito il Paese con dedizione fino al sacrificio estremo”. Nel frattempo, restano aperti due ulteriori filoni giudiziari: un ricorso al Tar per il risarcimento dei danni subiti dal colonnello Acquafredda e un’azione civile per i danni morali e materiali subiti dai suoi familiari. (ANSA). .

La Spezia, dipendente dell’Arsenale morì per amianto: maxi risarcimento agli eredi

Condannato il ministero della Difesa, la Cassazione conferma un versamento di 670mila euro alla moglie e ai due figli