5 Settembre

Camion senza conducente investe operai al lavoro in strada a Sinopoli: un morto e due feriti gravi

Secondo una prima ricostruzione, un camion della stessa ditta impegnata nei lavori si sarebbe messo in movimento senza conducente lungo un tratto di strada in discesa a Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria, innescando una carambola mortale. Un operaio morto durante il trasporto in ospedale, due feriti.

Tragedia sul lavoro oggi a Sinopoli, in provincia di Reggio Calabria, dove un operaio di 64 anni è morto e altri due sono stati gravemente feriti dopo che un camion ha travolto un gruppo di lavoratori impegnati in strada. Il dramma nella tarda mattinata di venerdì 5 settembre in un cantiere stradale per la posa dei cavi in fibra ottica per la connessione ad internet.

I tre operai coinvolti stavano effettuando gli scavi per la posa dei cavi nel centro abitato del Reggino quando è avvenuta l’improvvisa tragedia. Secondo una prima ricostruzione dell’accaduto, ancora da accertare, un camion della stessa ditta impegnata nei lavori si sarebbe messo in movimento senza conducente lungo un tratto di strada in discesa innescando una carambola mortale

Il mezzo pesante, non si sa ancora se a causa di un guasto ai freni o per errore, ha colpito con violenza un altro piccolo mezzo da cantiere della ditta fermo poco più avanti che ha travolto gli operai al lavoro. L’allarme lanciato immediatamente dai colleghi dei tre operai ha fatto scattare immediatamente la macchina dei soccorsi. Sul posto sono giunti in poco tempo forze dell’ordine e operatori sanitari del 118 che hanno preso in carico i tre feriti.

La situazione è apparsa subito molto critica ed è stato richiesto l’intervento anche dell’elisoccorso che è giunto sul posto per trasportare il ferito più grave. Ogni sforzo per salvarlo però si è rivelato vano e l’uomo è morto durante il trasporto all’ospedale metropolitano di Reggio Calabria.

3 Settembre

Operaio muore schiacciato da una balla di materiale

Tragedia sul lavoro in un’azienda: inutili i tentativi di rianimazione. Indagini in corso su dinamica e responsabilità

Un infortunio mortale sul lavoro si è verificato nella mattinata di mercoledì 3 settembre a Montecchio Maggiore. Intorno alle 11:30, un operaio 42enne è deceduto all’interno della ditta New Ecology, azienda che si occupa dello smaltimento rifiuti speciali, dopo essere stato travolto da una pesante balla di materiale, secondo una prima ricostruzione dei fatti.

I colleghi, assistendo alla scena, hanno immediatamente allertato i soccorsi. Sul posto sono giunti i sanitari del Suem 118, che hanno tentato disperatamente di rianimare l’uomo, ma non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.

La dinamica dell’infortunio è ancora oggetto di accertamenti da parte dei carabinieri e degli ispettori dello Spisal (Servizio Prevenzione Igiene Sicurezza Ambienti di Lavoro), che stanno cercando di chiarire le cause dell’incidente e verificare eventuali violazioni delle norme di sicurezza.

La vittima non è ancora stata ufficialmente identificata.

2 settembre

Operaio cade dal tetto di un capannone: grave all’ospedale

Incidente sul lavoro a Santa Maria di Sala, indaga lo Spisal. Ferito un cinquantenne

Un altro grave infortunio sul lavoro si è verificato nella tarda mattinata di martedì 2 settembre. È successo a Santa Maria di Sala, dove un operaio è caduto al suolo precipitando da un’altezza di circa 6 metri. In base alle prime informazioni, al momento dell’incidente stava svolgendo delle operazioni di pulizia delle grondaie sul tetto di uno stabile nella zona industriale di Caselle, il capannone della Standhouse in via Achille Grandi. La caduta, le cui cause sono in fase di accertamento, sarebbe avvenuta in corrispondenza di un lucernario.

L’uomo (M.G. le sue iniziali), di 50 anni, è originario della Romania, risiede a Santa Maria di Sala e ha una propria ditta individuale. È stato soccorso e trasportato con l’elicottero del 118 all’ospedale dell’Angelo di Mestre, dove è arrivato verso le 13.30: le sue condizioni sono considerate molto serie, con la necessità di ricovero in rianimazione.

1 Settembre

Operaio di edilizia acrobatica cade e muore nel Savonese

Ancora da capire le cause dell’incidente mortale in cui è rimasto ferito un collega, anche lui impegnato nello stesso cantiere edile

Un operaio di 42 anni di Alassio (Savona), ha perso la vita e un suo collega è rimasto ferito mentre erano impegnati nella sistemazione del tetto di un’abitazione quando, per cause ancora da chiarire, il 42enne – entrambi erano impegnati in una lavorazione con al tecnica dell’edilizia acrobatica – sarebbe precipitato nel vuoto. Sul posto sono arrivati i volontari del soccorso con l’automedica del 118, gli uomini del Distretto di Finale dell’Unità operativa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro e i carabinieri. Per l’operaio caduto non c’è stato nulla da fare mentre il secondo lavoratore avrebbe riportato solo lievi ferite.

Amianto: Sentenze

Amianto, la svolta: impiegata colpita da mesotelioma vince causa pilota

Lavorava in uno zuccherificio e occasionalmente si avvicinava alle vasche. L’Inail condannata a pagarle una rendita mensile. Decisive le testimonianze dei colleghi

Bologna, 3 settembre 2025 – La signora Valeria – il nome è di fantasia – ha lavorato come impiegata amministrativa in uno zuccherificio bolognese per quasi vent’anni, dal 1964 al 1973.

In quel periodo, la cottura dello zucchero veniva fatta in vasconi di amianto.

Valeria, pur avendo l’ufficio in un edificio parallelo allo stabilimento produttivo, vi si doveva recare di continuo per registrare i dati necessari alle sue mansioni. La signora, oggi ultrasettantenne e in pensione, si è ammalata di mesotelioma pleurico.

La condanna dell’Inail

E il Tribunale del lavoro di Bologna, accogliendo la sua causa civile, ha riconosciuto la patologia come legata alla professione, condannando l’Inail – che aveva dato parere negativo – a pagarle una rendita mensile.

L’esposizione indiretta all’amianto e il mesotelioma

“Una sentenza importante – spiega l’avvocata Giovanna Longhi che, insieme al collega Giorgio Sacco, ha seguito la vicenda per conto del patronato Inca Cgil –, perché riconosce che anche un’esposizione indiretta all’amianto può bastare a causare il mesotelioma pleurico”.

La sentenza della giudice Chiara Zompì è di primo grado, ma l’Inail non ha fatto appello, quindi è definitiva.

Decisive le testimonianze dei colleghi

“Decisive per provare la correlazione con il lavoro sono state le testimonianze dei colleghi della ricorrente e il parere del Consulente tecnico d’ufficio – osserva Longhi –. Fondamentale l’assistenza di Inca e Associazione vittime amianto (Afeva): c’è chi rinuncia a fare causa per timore di dover pagare le spese legali, in caso di sconfitta”.

Responsabilità del datore di lavoro per esposizione ad amianto: la Cassazione ribalta la decisione d’Appello

Cassazione 2025: accolta la domanda degli eredi di un lavoratore esposto all’amianto. Confermata la responsabilità datoriale ex art. 2087 c.c. anche in assenza di dati quantitativi sull’esposizione

L’esposizione a fibre di amianto rappresenta una delle più gravi minacce per la salute nei luoghi di lavoro, specialmente nel settore edilizio e manutentivo, dove materiali contenenti amianto sono stati storicamente utilizzati. Un caso recente è stato discusso dalla Corte Suprema di Cassazione italiana che ha ribadito con fermezza la responsabilità del datore di lavoro nel garantire adeguate misure di sicurezza e prevenzione, anche in contesti lavorativi risalenti a decenni fa.

Il caso riguarda un lavoratore che, dal 1961 al 1996, ha svolto mansioni quotidiane di manutenzione e riparazione su condotte idriche realizzate in cemento amianto (eternit). Nonostante fosse emersa una situazione di rischio elevata, con il lavoratore riconosciuto affetto da asbestosi (una malattia professionale causata dall’inalazione delle fibre di amianto) e successivamente colpito da carcinoma polmonare metastatico, il datore di lavoro (un consorzio di bonifica) aveva negato le responsabilità.

Gli eredi del lavoratore hanno richiesto il risarcimento dei danni per il decesso legato all’esposizione ad amianto, denunciando la mancata adozione di misure di prevenzione, la mancanza di sorveglianza sanitaria, la carenza di dispositivi di protezione individuale e l’assenza di formazione e informazione sul rischio

La difesa e la sentenza della Corte d’Appello

La Corte d’Appello aveva respinto la domanda degli eredi, basandosi su alcuni argomenti principali:

  • il ricorso era stato proposto oltre vent’anni dopo la cessazione del rapporto di lavoro, rendendo difficile dimostrare l’esatto adempimento delle misure di sicurezza;
  • le norme specifiche sull’amianto (D.Lgs. 277/1991, D.Lgs. 626/1994 e successivi) erano entrate in vigore solo negli anni ’90, quindi non potevano applicarsi retroattivamente a gran parte del rapporto;
  • la correlazione tra esposizione ad amianto e tumori polmonari era diventata “fatto notorio” solo dal 1991/1992;
  • mancanza di una quantificazione certa dell’esposizione (dose cumulativa di fibre inalate), elemento ritenuto indispensabile per provare il nesso causale.
  • In sostanza, la Corte d’Appello ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata in relazione all’azione di risarcimento del danno iure hereditatis ed ha invece accolto il motivo di ricorso relativo all’insussistenza di profili di imputabilità colpevole del Consorzio ex art. 2087.

29 Agosto

Imperia, operaio precipita dal tetto del Municipio e muore

La tragedia è avvenuta a Castel Vittorio. Sul posto oltre ai sanitari del soccorso locale, anche i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. In corso i rilievi per comprendere la dinamica dell’evento

Un operaio di 55 anni, Massimiliano B. di Sanremo, è morto stamani dopo essere caduto dal tetto del Comune di Castel Vittorio, in alta val Nervia, nell’entroterra di Ventimiglia. L’uomo, in seguito alla caduta, è finito in una intercapedine e stanno cercando di recuperare il corpo. Sono intervenuti il personale sanitario del 118, i vigili del fuoco e i carabinieri. Era stato allertato anche l’elisoccorso Grifo, ma purtroppo per il l’operaio non c’è stato nulla da fare. Accertamenti sono in corso per ricostruire la dinamica dell’incidente e verificare il rispetto della normativa sulla sicurezza nei posti di lavoro. 

Morto l’operaio investito da un cilindro metallico

Deceduto all’ospedale di Borgo Trento

E’morto dopo 24 ore di agonia l’operaio che martedì pomeriggio era rimasto schiacciato sotto un cilindro d’acciaio alla Ici Caldaie a Campagnola di Zevio (Verona).

Troppo gravi i traumi riportati sotto gli 8 quintali della struttura.

28 Agosto

Rimane incastrato in un macchinario: operaio in fin di vita

L’incidente questa mattina poco prima di mezzogiorno in un raviolificio di Cosio Valtellino

Lotta tra le vita e la morte un operaio (le cui generalità non sono state rese note) che questa mattina è stato vittima di un gravissimo incidente in un raviolificio di via Don Guanella, a Cosio Valtellino.

La dinamica

Secondo quanto è stato possibile ricostruire fino a questo momento, l’uomo, di 36 anni, sarebbe rimasto incastrato con entrambe le braccia al macchinario al quale stava lavorando, una macchina impastatrice. A causa delle ferite riportate, poi, l’uomo avrebbe perso immediatamente i sensi.

L’allarme è scattato in codice rosso, quello di massima gravità e sul posto sono intervenuti l’elicottero, un’auto medica e l’ambulanza. L’operaio è stato caricato proprio sull’elicottero per il trasporto in ospedale: le sue condizioni sono, al momento, gravissime ed è stato necessario procedere all’amputazione di entrambi gli arti superiori rimasti incastrati nel macchinario.

A intervenire anche i vigili del fuoco di Morbegno e Sondrio, i carabinieri della Compagnia di Sondrio e il personale di Ats della Montagna per le necessarie verifiche sul rispetto di tutte le norme di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Morto a 21 anni schiacciato dal trattore

La tragedia in un terreno adiacente alla strada provinciale 91, in agro di Cerignola. Originario del Mali, il 21enne viveva a Canosa di Puglia

Aveva solo 21 anni ed era partito dalla Repubblica del Mali per costruirsi un futuro in Italia. Invece è morto nel silenzio delle campagne del Foggiano, schiacciato dal trattore che stava guidando lungo la strada provinciale 91, tra Cerignola e l’area dell’Ofanto. Il mezzo, per cause ancora in corso di accertamento, si è ribaltato improvvisamente. A nulla sono valsi i soccorsi: per il giovane, residente a Canosa di Puglia, non c’è stato nulla da fare. Federacma – la Federazione Confcommercio delle associazioni nazionali dei servizi e commercio macchine agricole, operatrici e da giardinaggio – esprime cordoglio per questa tragedia e rilancia l’allarme sulla mancata attuazione della revisione obbligatoria dei mezzi agricoli, un’urgenza che non conosce stagioni, territori o provenienze

27 Agosto

Infortunio in Fincantieri su nave in consegna: ferito un operaio

L’uomo potrebbe essere caduto da un ponteggio. Sul posto il personale del 118 con l’elisoccorso, che ha portato l’uomo all’ospedale di Udine. Intervenuti anche i carabinieri e i vigili del fuoco

Infortunio nello stabilimento Fincantieri di Panzano a Monfalcone: nella tarda mattinata di oggi, 27 agosto, un operaio 39enne di origine bengalese residente in città è rimasto ferito a bordo di una nave in consegna. Stando a quanto si apprende, sarebbe caduto da una scala dall’altezza di due metri, per cause ancora al vaglio dei carabinieri. Non si conoscono ancora le sue condizioni di salute ma non sembrerebbe in pericolo di vita. Sul posto il personale del 118 con l’elisoccorso, che ha portato l’uomo, cosciente, all’ospedale di Udine. Intervenuti anche i carabinieri e i vigili del fuoco.

Montalto di Castro – Operaio muore nella piscina di una villa, stava lavorando in nero

MONTALTO DI CASTRO – Nel pomeriggio dell’8 agosto, la stazione dei Carabinieri di Pescia Romana interveniva unitamente al Norm della compagnia dei Carabinieri di Tuscania per fare luce sul decesso di un uomo di origine nordafricana deceduto nella piscina di una villa a seguito di lavori di giardinaggio.

“Oltre al personale del 118 e allo Spresal della Asl di Tarquinia, che hanno ricostruito la dinamica del fatto – fanno sapere dai Carabinieri -, hanno allertato anche il Nucleo Carabinieri ispettorato del lavoro di Viterbo, militari del quale giunti sul posto hanno accertato che il deceduto e un suo connazionale stavano eseguendo i lavori senza essere stati regolarmente assunti, quindi in nero.

Di conseguenza è stato elevato un provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale alla ditta cui tali lavori di giardinaggio erano stati commissionati, sanzionando quindi il titolare per un ammontare di 8.300 euro per le violazioni di natura amministrativa accertate.

Tale attività, coordinata dalla Procura ella Repubblica di Civitavecchia competente per territorio, oltre a dimostrare la sinergia tra le diverse articolazioni dell’Arma dei Carabinieri, è in linea con le direttive dell’Ispettorato nazionale del lavoro volte a contrastare il fenomeno del lavoro ner

26 Agosto

Operaio di 58 anni muore folgorato

Demetrio Rima stava lavorando in una cabina Enel tra Francolise e Sparanise

Ancora una morte sul lavoro. Un operaio di 58 anni, Demetrio Rima, di Casal di Principe e dipendente della Cebat, è morto mentre svolgeva un intervento in una cabina dell’Enel tra Sparanise e Francolise.

“Siamo vicini alla famiglia di Demetrio con tutto il nostro dolore e la nostra disponibilità concreta. Ma non possiamo limitarci alla solidarietà. Serve una risposta politica, istituzionale e sociale – si legge in una nota della Cgil – Quella che si consuma in provincia di Caserta è una vera mattanza silenziosa: il lavoro continua a essere terreno di morte, in un sistema dove la sicurezza viene ancora considerata un costo, dove la catena degli appalti scarica le responsabilità, dove il profitto conta più della vita. Basta silenzi e complicità: le istituzioni devono intervenire. Chiediamo l’immediata convocazione del Tavolo dell’Osservatorio sulla Salute e Sicurezza nei luoghi di lavoro presso la Prefettura di Caserta, già costituito ma mai realmente attivato nonostante le nostre sollecitazioni. È inaccettabile che un territorio martoriato da lutti sul lavoro venga ignorato dalle istituzioni. Pretendiamo chiarezza sulla dinamica dell’incidente, verifiche rigorose sul rispetto delle norme di sicurezza, e un piano straordinario per fermare questa strage quotidiana”.

-Investito da un cilindro di otto quintali in un’azienda che produce caldaie, 54enne in prognosi riservata

L’incidente nel pomeriggio del 26 agosto. L’uomo è stato soccorso dal personale del Suem 118 che l’ha trasportato a Borgo Trento

L’operaio di 54 anni che è stato schiacciato da una pesante struttura in acciaio nella fabbrica Ici Caldaie di Campagnola di Zevio è stato posto in terapia intensiva, in prognosi riservata.

Amianto: Sentenze

Capraia, muore vittima dell’amianto in una centrale Enel: l’ente condannato a risarcire la famiglia con 180 mila euro

L’uomo per anni era stato un motorista presso la centrale elettrica di Capraia Isola, poi aveva contratto un tumore

Nel 2020 scopre di avere un mesotelioma pleurico ma è anche cardiopatico e nonostante le terapia oncologiche, dopo soli 12 mesi muore. Ora i familiari saranno risarciti dall’Enel. L’uomo per anni era stato un motorista presso la centrale elettrica di Capraia Isola, e subito dopo aver scoperto la malattia aveva richiesto all’Inail di essere inserito nelle liste dei lavoratori che hanno contratto un tumore sul luogo di lavoro per via della presenza di amianto.

L’ente gli riconosce lo status e lui avvia una causa di risarcimento danni al suo ex datore di lavoro, l’Enel, ma dopo le prime udienze sopraffatto dal male muore. Sua moglie e i suoi 4 figli riassumono la causa al Tribunale di Livorno che al termine del processo di primo grado riconosce il risarcimento perché l’Enel non avrebbe “protetto” i suoi dipendenti.

Non è la prima causa, infatti, che vede coinvolta la centrale elettrica di Capraia Isola. Nei giorni scorsi però la corte d’Appello di Firenze ha aumentato il totale del risarcimento che ammonta a circa 180 mila euro. Per i giudici di secondo grado «da sempre il lavoratore ha diritto ad essere protetto dalle polveri dell’ambiente di lavoro, a maggior ragione da quelle delle quali il datore conosceva, o doveva conoscere, esistenza e nocività», come nel caso di polveri e fibre di amianto. 

L’Inail quando l’uomo era ancora in vita, gli aveva già riconosciuto un indennizzo e la rendita prevista in questi casi di malattie professionali, ora i familiari avranno anche il risarcimento che finora non era arrivato perché l’Enel aveva impugnato la sentenza di primo grado. L’Enel, come molte altre aziende del settore, ha utilizzato l’amianto per le sue proprietà di resistenza al fuoco e al calore. Tuttavia, l’uso dell’amianto è stato progressivamente abbandonato proprio a causa dei gravi rischi per la salute legati all’inalazione delle fibre e delle polveri. 

L’operaio livornese aveva lavorato a contatto con l’amianto dal 1967 al 1969 e dal 1981 al 2003 prima di andare in pensione per poi ammalarsi e morire in meno di un anno. Per i giudici fiorentini l’amianto respirato a Capraia è la concausa, insieme alle sue patologie cardiache, del suo decesso. Queste le conclusioni processuali dopo testimonianze e perizie. I legali dei familiari dell’ex operaio dell’Enel avevano chiesto oltre 1 milione di euro di risarcimento.

«Asbestosi nota dal 1943»: risarcimento ai familiari del lavoratore vittima di amianto

Dal 1961 al 1996 un acquaiolo aveva riparato condotte idriche anche con tubi di eternit. Per la Corte d’Appello solo dal 91/92 il rischio amianto era fatto notorio

L’asbestosi è stata inserita tra le malattie mortali già dal 1943, il giudice non può dunque negare il risarcimento per la morte del lavoratore affermando una scarsa consapevolezza dei rischi da parte del datore di lavoro. La Cassazione accoglie così il ricorso della moglie e dei tre figli di un “acquaiolo”, che aveva lavorato per 35 anni, dal 1961 al 1996, con tubi di eternit, esposto alle fibre cancerogene dell’amianto senza protezioni. Nel 2012 è morto di carcinoma polmonare, dopo una diagnosi di asbestosi al 10%, poi all’85% e infine al 100%.

L’Inail, come il Ctu, avevano riconosciuto la natura professionale della malattia. Conclusioni avallate dal giudice del lavoro che aveva condannato il Consorzio di bonifica per il quale lavorava l’operaio a risarcire i familiari con circa 900mila euro.

Un verdetto completamente ribaltato in appello. La Corte territoriale, infatti, aveva escluso il diritto al risarcimento pur avendo accertato, in base alla perizia, «che il lavoratore era stato posto con elevata frequenza a contatto con serbatoi e tubazioni realizzati in cemento amianto su cui eseguiva interventi di manutenzione e riparazione; che non risultavano adottate adeguate misure di prevenzione nell’ambito della sorveglianza sanitaria del lavoratore medesimo». Neppure era servito il riconoscimento da parte dell’Inail dell’asbestosi – degenerata nel tempo in carcinoma con metastasi – come malattia di origine professionale.

Per i giudici di seconda istanza un ricorso proposto dagli eredi dopo oltre 20 anni dalla fine del rapporto di lavoro, rendeva difficile al datore provare il rispetto degli obblighi di prevenzione e sicurezza. A giocare contro il sì al risarcimento c’era, ancora una volta, il tempo: il lavoro era iniziato nel 1961 e si era concluso nel 1996. Non si potevano, dunque, applicare in via retroattiva la normativa di difesa dall’amianto entrata in vigore con i Dlgs 626/94, 81/2008, e 106/2009. Nè poteva essere valorizzata la precedente disciplina del Dpr 303/1956 che si riferiva solo alle polveri in generale. Secondo la Corte di appello, solo a partire dagli anni 1991/92 si poteva considerare un fatto notorio la correlazione causale fra l’esposizione a fibre d’amianto e il carcinoma polmonare.

Per finire il Ctu aveva basato le sue conclusioni sull’origine professionale delle patologie, riconosciute anche dall’Inail, senza individuare i parametri quantitativi dell’esposizione, «indispensabili al fine di valutare la dose cumulativa di fibre d’amianto espressa come fibre anno per centimetro cubico d’aria». Quindi l’accertamento non era attendibile. La Suprema corte prende, però, nettamente le distanze dalle tesi della Corte d’Appello, alla quale rinvia perchè riveda un giudizio, a tratti addirittura contrario alla legge.

Rischi noti all’epoca dei fatti

La decisione non è in linea con l’ordinamento innanzitutto nel negare un obbligo del datore di lavoro di rispettare la normativa sulle polveri (Dpr 303/56) e anche quella sulle fibre di amianto (Dlgs. n. 277/1991), pur essendo il rapporto di lavoro cessato nel 1996. Sbaglia ancora la Corte di merito, quando addossa ai familiari l’obbligo di dimostrare gli inadempimenti del Consorzio e quando sostiene che nel giudizio di responsabilità civile sia necessario accertare e dimostrare la presenza di una determinata esposizione quantitativa e qualitativa alle fibre di amianto. Non è comprensibile neppure il non aver tenuto conto del nesso causale tra la neoplasia e l’attività di lavoro, già accertato dall’Inail, ampiamente e logicamente riconosciuto dal Ctu sulla base di una serie di elementi – clinici, logici, di fatto, temporali, compreso un prelievo autoptico. Non una prova assoluta dunque, non necessaria, ma una «alta probabilità logica» del collegamento esposizione-malattia.

La Cassazione è costretta a ricordare che il lavoratore aveva contratto proprio l’asbestosi col 100% di invalidità, una malattia professionale tabellata che deriva dalla forte esposizione all’amianto e “sentinella” in quanto spia di una esposizione qualitativamente e quantitativamente molto sostenuta. Una patologia mortale, inserita nell’elenco delle malattie professionali tipizzate fin dal 1943.

Un altro Mondo senza Amianto è possibile